lunedì 30 gennaio 2012

Controlli fiscali. Fatti, non parole

Ci risiamo. Il blitz della Guardia di Finanza – coadiuvata dalla polizia locale – nelle zone della movida e dello shopping milanese ha destato un nugolo di proteste molto simile a quello che aveva fatto seguito all'operazione svolta a Cortina d'Ampezzo durante le vacanze natalizie.

A  molti non piace il modo di fare dell'Agenzia delle Entrate che con questi interventi, viene detto, spettacolarizza una questione molto seria, quella legata al complicato mondo dell'evasione fiscale.

A Milano viene fatto uno scontrino su tre

Nel caso di Milano c'è anche chi ha parlato di «Operazioni alla John Wayne, con lo Stato che va a rompere le palle ai cittadini alle due di notte» (nel caso specifico si tratta di Matteo Salvini, esponente cittadino della Lega Nord), mentre i commercianti si sono difesi con un «non siamo criminali» che ben illustra la loro sensazione di essere vittime di un modo di fare, da parte dell'autorità statale, al limite della legalità.

E invece sono loro, o meglio una buona parte di loro, che vive e opera nell'illegalità. In una serata e nella mattinata successiva – tra sabato 28 e domenica 29 – i controlli di Guardia di Finanza e Vigili urbani hanno dimostrato che in genere, nei locali pubblici e negozi milanesi, viene fatto uno scontrino su tre. E che molte sono le irregolarità amministrative, che molti registratori di cassa non sono a posto, che numerosi dipendenti non sono in regola. Ma tutto ciò non è sufficiente per far sentire "colpevoli" questi nostri concittadini. Perché sono comportamenti, questi, che ritengono siano provocati dalle numerose tasse, imposte, accise, vessazioni di ogni genere che devono pagare. «Se non facessi così – è il loro pensiero –, chiuderei domani».

L'unico modo per guarire un sistema malato

Un ragionamento che dimostra come ci sia solo un modo per uscire da una situazione in cui le tasse sono viste esclusivamente come una ghigliottina e non come il sistema attraverso cui lo Stato si procura i soldi per offrire i servizi ai cittadini. Ecco appunto, l'unico modo per guarire questo sistema malato è dimostrare che i servizi, se vengono pagate regolarmente le tasse, i cittadini li possono davvero avere.

Una sensazione che cresce sempre più, da quando il governo Monti è entrato a regime. Non è un governo simpatico, forse, difficile sostenere il contrario. Perché da quando è arrivato ha alleggerito le nostre già povere tasche, bacchettandoci oltrettutto in continuazione per come abbiamo vissuto finora. Ma è anche un governo serio, che sta facendo di tutto per toglierci dal fango in cui eravamo finiti. Si ha l'impressione che finalmente quello che viene detto dai nostri amministratori possa avere un seguito. Quando si sente dire che L'Aquila verrà finalmente ricostruita, si ha la sensazione che sarà davvero così. Quando si dice che la mafia verrà finalmente contrastata, anche al nord, si intravede una vera intenzione di farlo. Quando si dice che la lotta all'evasione fiscale verrà finalmente combattuta, si comincia a credere che siano non solo parole gettate al vento, ma una precisa indicazione per l'agenda governativa futura. E questo non accade solo a livello nazionale. Anche in città, anche a Milano molti hanno l'impressione che qualcosa sia finalmente cambiato.

La gente è stufa di sprechi, abusi, corruzione e illegalità

Ma forse è proprio questo che fa più paura. Che alle parole facciano seguito i fatti, una vera novità per il nostro Paese. Perché da sempre si parla di lotta alla mafia, ma poi si scopre che ormai quello non è più un solo problema del sud e c'è chi insorge se lo si sostiene ad alta voce. Da sempre si parla di liberalizzazioni, tutti le vogliono, ma appena si toccano i vari interessi acquisiti le categorie insorgono e parlano di abuso di potere. Da sempre si parla di lotta allo smog, tutti d'accordo nel volerlo debellare ma poi quelli appena appena toccati dai provvedimenti si sentono perseguitati e raccolgono firme per contrastare le scelte effettuate. Da sempre si parla di lotta all'evasione fiscale, appunto, si dice che finalmente bisognerebbe cominciare a combatterla seriamente, ma poi se lo si fa si sollevano polveroni di proteste dai controllati, che si sentono vittime di un modo di agire poco consono al loro modo di intendere il "fare commercio". Gli esempi potrebbero essere migliaia...

E in tutto ciò, spicca la figura misera di svariati esponenti politici che non hanno ancora capito che in Italia la mentalità sta, anche se molto lentamente, cambiando. La gente è stufa, arcistufa, e lo dimostra in continuazione, di sprechi, abusi, corruzione, illegalità. Abituata a conviverci per anni, anzi per decenni, ha finalmente rialzato – anche se ancora in modo leggero – la testa, e adesso pretende rigore, pulizia, onestà. C'è chi ancora non se n'è accorto e vorrebbe che la situazione restasse quella di sempre, e vive giorno per giorno cavalcando lo scontento di quelli che nell'illegalità in tutti questi anni ci hanno sguazzato e ci si sono arricchiti.

Ci auguriamo non ci sia futuro per tutti questi figuri, vera malattia che incancrenisce il nostro Paese, finalmente desideroso di cominciare a contare per quello che potrebbe essere e non per quello che, da molte parti, si è sempre voluto fosse.

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mercoledì 25 gennaio 2012

Il bersagliere con i "baffetti"


Tutto il rispetto per chi mette in piedi una nuova attività, magari con grandi sacrifici. Niente da dire, poi, su chi cerca di reclamizzarla, questa attività, cercando di farla conoscere al pubblico. Ma la situazione che è visibile in corso di Porta Romana, nell'ultimo tratto verso piazza Missori, appare davvero un po' fuori luogo. La palazzina interessata, raffigurata nella foto a fianco, risponde al nome di Casa Bettoni ed è una delle più belle dell'intera via, grazie anche alle due statue di bersaglieri poste ai lati del suo portone.

Al suo riguardo Wikipedia recita:
"Questo curioso edificio (progettato in stile eclettico nel 1859 da Giuseppe Palazzi e completato nel 1865), in Corso di Porta Romana a Milano, bene esprime e documenta, con le sue sculture "patriottiche" di bersaglieri e i suoi rilievi di tema risorgimentali, il tripudio della borghesia milanese per l'Unità d'Italia".

 

Dall'Unità d'Italia alle ascelle

Quella borghesia milanese anelante all'Unità d'Italia che oggi non potrebbe che inorridire davanti a ciò che è stato esposto sulla finestra a fianco del bersagliere di sinistra: una serie di annunci di offerte di un centro estetico che parlano di "baffetti", "inguine" e "ascelle" (clicca sulla foto per ingrandirla).

Niente da dire, come detto, ognuno è libero di fare quello che vuole – anche se la Sovrintendenza per i beni storico-artistici, in questo caso, un occhio lo potrebbe buttare lì – ma l'estetica, diciamocelo, è davvero un'altra cosa.


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martedì 24 gennaio 2012

Della Commissione comunale antimafia e di chi non la vuole

Ieri il Consiglio comunale milanese ha votato l'istituzione della Commissione consiliare antimafia, un organo interno di cui faranno parte 18 consiglieri, 10 di maggioranza e 8 di opposizione. Un atto dovuto, vista la situazione sempre più allarmante, dal punto di vista delle infiltrazioni mafiose, registrata a Milano e dintorni. I dati diramati negli ultimi mesi decrivono infatti la Lombardia come il nuovo fronte della malavita organizzata italiana. Questa è la regione più ricca d'Italia, non c'è da sorprendersi se mafia, camorra e 'ndrangheta decidono di venire qui a fare i propri affari.

Tutto normale, quindi. Se non fosse che, ancora una volta, il centrodestra si è messo di traverso, contestando apertamente la scelta fatta dalla maggioranza del sindaco Pisapia. La Lega Nord se n'è addirittura andata, è uscita dall'aula e non ha ritenuto nemmeno di discutere (pro o contro) l'istituzione della Commissione. Il Pdl, invece, è rimasto in aula ma ha contestato duramente il nuovo organo consultivo, prima di astenersi dal voto (così come ha fatto, partendo da altra posizione politica, il Movimento 5 Stelle).

Per De Corato la malavita organizzata a Milano non c'è

Il più risoluto contestatore della Commissione è stato l'ex vice sindaco Riccardo De Corato, colui che da sempre viene descritto dai suoi alleati e dai suoi elettori come il paladino della sicurezza cittadina. Nel suo intervento De Corato ha cercato di minimizzare la presenza della malavita organizzata nella nostra città. In fondo, ha detto, qui la mafia non ha mai ucciso nessuno, forse dimenticando che il vigile urbano e le altre quattro persone morte nell'esplosione del Pac di via Palestro, quella del 27 luglio 1993, sono vittime da ascrivere alla violenza mafiosa.

E' facile controbattere – ma questo lo sa bene anche De Corato – che i danni, la mafia li può fare anche senza uccidere. Gli appalti vinti in modo illegale, i rifiuti tossici nascosti sotto le strade, i pizzi richiesti ai negozianti, gli incendi dolosi di locali e negozi, e tutto quello che riempie ogni giorno le nostre cronache cittadine dimostrano che una Commissione antimafia, qui come altrove, non può mancare. Anche e soprattutto in vista dei lavori di Expo 2015, vera tentazione per chi vuole impiegare denari "sporchi" in attività, diciamo così, pulite.

Il Pdl, la Lega Nord e quelle strane coincidenze

Una scelta strana, quella di Pdl e Lega, che risponde però a una tendenza che, negli ultimi tempi, sembra andare sempre più delineandosi. Perché questa decisione viene dopo quelle di votare alla Camera il no all'arresto di Nicola Cosentino, il deputato accusato dai giudici di essere uno dei terminali politici della mafia, e dopo quella di "rifiutare" la cittadinanza onoraria milanese a Roberto Saviano, simbolo internazionale della lotta italiana contro le mafie.

Solo coincidenze? Siamo certi di sì. Ma siamo anche sicuri che, proprio per fugare ogni dubbio, gli esponenti di questi due partiti (che hanno governato l'Italia negli ultimi anni e che continuano a governare, oggi, la Lombardia) dovrebbero spiegare meglio la natura di queste scelte. Dovrebbero farlo ai propri elettori, sì, ma anche al resto degli italiani. Perché con la mafia, con le mafie, lo sappiamo bene tutti, non è il caso di scherzare.

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mercoledì 18 gennaio 2012

Roberto Saviano, un milanese

Il sindaco Giuliano Pisapia con Roberto Saviano
Roberto Saviano è diventato cittadino onorario di Milano. Un cittadino illustre in più, per la nostra città, un ragazzo che ha fatto della lotta alle mafie il significato della sua vita. E questo dovrebbe bastare.

Devo dire che non sono d'accordo quando vogliono presentare Saviano come un grande scrittore. Ho letto "Gomorra", per ora solo quello, e devo dire che l'ultima cosa che mi ha colpito è lo stile con cui Saviano scrive. Non è importante come sia scritto, quel libro. Importante è quello che dice. Saviano mi ha aperto un mondo che nemmeno mi immaginavo. Non è un grande scrittore, per me. E' un grande e coraggioso cittadino che ha scelto di parlare.

Credevo che la mafia fosse solo giù al sud

Credevo, o volevo credere, che la mafia fosse radicata solo giù, al sud, e che dalle nostre parti ci fossero solo episodi sporadici, frutti più del caso che di un'organizzazione perfetta. Volevo credere che gli sfarzi di certi locali che aprono a Milano fossero frutto di sforzi compiuti in lunghe vite di sacrifici e lavoro. Volevo pensare che i negozianti, dalle nostre parti, non fossero soggetti all'odioso rito del pagamento del pizzo. Credevo questo, e tante altre cose. E Saviano, con la sua scrittura asciutta e cruda mi ha aperto la mente, mi ha fatto vedere davvero come stanno le cose.

Un eroe del nostro tempo. Così dovrebbe essere visto da tutti coloro che vivono in una società che non vuole essere governata con violenze, prevaricazioni, uccisioni. Saviano ha sacrificato la propria tranquilla esistenza, per denunciare tutto questo. Si è arricchito? Forse, anzi di sicuro. Ma ha anche sacrificato la propria libertà, costretto com'è a vivere senza fissa dimora, sempre protetto da una scorta che lo segue in ogni attimo della sua vita.

Saviano, un eroe che dà fastidio

Un eroe. Sì, un eroe, Che però dà fastidio a molti. Dà fastidio perché dice le cose che altri dovrebbero dire, ma non dicono per paura o per interesse. Dà fastidio perché con il suo comportamento, con le sue parole rischia di rompere quell'equilibrio tra Stato e antistato che troppo spesso fa andare avanti le cose in questa Italia. Dà fastidio a chi ha il potere, perché se la situazione dovesse cambiare a causa delle denunce di Saviano, magari rischierebbe di perderlo.

Tre tweet, oggi, descrivono bene la situazione. Quello di Saviano che dice, semplicemente: «Oggi alle 18,00 a Palazzo Marino divento milanese». Quello di Carlo Masseroli, capogruppo del Pdl in Consiglio comunale che dice: «Cittadinanza onoraria a Milano per Saviano. Non partecipo. Non ha dato alcun contributo significativo alla città». E quello del leghista Davide Boni, presidente del Consiglio regionale – sempre più decimato dagli arresti dei suoi componenti, come l'ultimo in ordine di tempo che riguarda il consigliere Massimo Ponzoni del Pdl che nel 2005, secondo quanto sostenuto dai giudici, avrebbe ricevuto soldi dalla 'ndrangheta per sostenere la sua campagna elettorale (poi sarebbe diventato assessore nella giunta di Roberto Formigoni) – il quale dice: «Oggi Saviano diventa milanese Lega e Pdl disertano la cerimonia».

Questa sì che è coerenza: si vota no, in Parlamento, alla carcerazione di Nicola Cosentino – uno dei fondatori di Forza Italia, accusato dai magistrati di essere in contatto con il clan dei casalesi – e si dice no alla cittadinanza di Saviano. I conti tornano, verrebbe da dire.

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venerdì 13 gennaio 2012

Suv e rom, connubio di "mostri"

Grande tristezza e cordoglio per quel povero vigile urbano ammazzato brutalmente mentre svolgeva il suo lavoro. Il dramma che si è svolto in quel parcheggio della Bovisa colpisce tutti noi, non solo i familiari e i colleghi dell'agente Nicolò Savarino, questo il nome della vittima. Ben ha detto il sindaco Pisapia: «Chi ha compiuto questo atto di una gravità inaudita non può certamente pensare di rimanere impunito».

Non si sa ancora chi sia stato a compiere un atto così violento e vile. Ma in relazione ai colpevoli, quello che si profila è un connubio di "simboli negativi" che non può non far riflettere. Da una parte il suv, il mezzo demonizzato da ecologisti, verdi, progressisti, comunisti, rivoluzionari di ogni genere che ogni volta che uno di questi "mostri a quattro ruote" viene coinvolto in un incidente gridano allo scandalo e ne chiedono l'abolizione dalle strade delle città. Dall'altra i rom, gli spauracchi di reazionari, neofascisti, nazionalisti, leghisti, anche di molti che si considerano moderati ma poi vedono con astio tutto ciò che non è italiano e, soprattutto, che ha la pelle un po' più scura "del dovuto".

Ecco, in queste ore si sussurra che a travolgere Nicolò Savarino – non dimentichiamoci più il suo nome – sarebbero stati due rom di etnia sinti (bloccati prima che riuscissero a scappare in Francia, pare) che guidavano un suv. Non un suv rubato, si badi bene, il suv di proprietà di uno dei due.

Dei rom su un suv: un connubio tra "mostri" – veri o presunti che siano – per compiere l'atto più abbietto che si possa immaginare: uccidere a sangue freddo un uomo indifeso, stroncare una vita e poi andarsene, così, come se nulla fosse.

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mercoledì 11 gennaio 2012

Prove, senza isterismi, di Area C

Vorrei parlare di nuovo di Area C, prendendola un po' alla larga. Insieme a tre amici coinquilini ieri, nel tardo pomeriggio, sono dovuto andare in zona De Amicis per incontrare un probabile futuro amministratore del nostro palazzo (sugli amministratori condominiali sarebbe forse interessante fare una riflessione, un giorno o l'altro...).

Appuntamento alle 18 e 30, davanti al portone, ci siamo detti. Ho preso il mio scooter e in 10 minuti scarsi, partendo da casa in zona Porta Romana, sono arrivato a destinazione.

Lì c'era già Domenico, che di professione fa l'architetto, anche lui con lo scooter. «Noi motorizzati siamo sempre i primi», abbiamo scherzato. Dopo pochi minuti è arrivato Paolo, lavora nel settore bancario, con la sua inseparabile bicicletta e con il suo caschetto d'ordinanza. Solo una lamentela, appena arrivato, relativa alle macchine parcheggiate lungo la pista ciclabile di via De Amicis.

Per ultimo è arrivato Manfred, che lavora in una galleria d'arte e che è di origine tedesca (sai che soddisfazione, tre italiani che arrivano puntuali e un tedesco che arriva in ritardo, anche se leggero: "Solo tre minuti" ha voluto precisare con tono categorico). Manfred è un po' arrabbiato, perché da Lambrate, dove lavora, in De Amicis ci è venuto in taxi (la macchina non ce l'ha, e di girare in bicicletta si è stufato, dopo un paio di cadute) e i 26 euro spesi gli sembrano francamente troppi. In effetti, forse anche lì qualcosa da mettere a posto ci sarebbe...

Entrati in centro città senza problemi

Per farla breve, quattro persone normali che abitano fuori dalle mura e che si sono dovute recare in centro città l'hanno fatto senza problemi (a parte quello relativo al portafoglio di Manfred, che comunque di solito si muove con i mezzi pubblici), senza drammi e isterismi.

Hanno inquinato poco, non hanno intasato le strade, non hanno vagato all'infinito in cerca di un parcheggio e non avrebbero nemmeno pagato i 5 euro di ticket previsti (dal 16 gennaio) per entrare nell'Area C. Un comportamento tranquillo, del tutto normale, suffragato e sostenuto anche dal commento del probabile futuro amministratore, che abita fuori Milano e ogni giorno si reca nel suo ufficio in centro. Nessun problema, dice, lascerà la sua macchina in un parcheggio fuori porta, ne ha già individuato uno che fa al caso suo, e si servirà dei mezzi pubblici. Il figlio 40enne, dal canto suo, appena uscito dalla riunione ha inforcato la sua moto e se n'è tornato a casa con tutta tranquillità.

E allora? Siamo così sicuri che i milanesi stiano pensando all'Area C come a un dramma che cambierà per sempre, in peggio, la loro vita? Che il pagamento del ticket ridurrà i milanesi sul lastrico? Quei cittadini del centro che insultano e alzano la voce, si rendono conto che comunque loro avranno il "privilegio" di poter circolare con le loro auto per le vie del centro senza pagare un euro, visto che potranno farlo senza oltrepassare le barriere? Così come lo potranno fare, del resto, tutti coloro che entreranno in città prima delle 7 e 30 e dopo le 19 e 30. E gli altri, quelli che abitano fuori dalla cerchia delle mura, sono così convinti che l'unico modo per entrare in centro città sia quello di farlo stando seduti nella loro ingombrante e inquinante autovettura?

Ma di che cosa stiamo parlando, della nostra salute e della qualità della nostra vita – beni preziosi, anzi che non hanno prezzo – o di opinioni pilotate ad arte, per sostenere campagne elettorali inutili, se non addirittura dannose e infinite?

Leggi anche "Area C, il coraggio di una scelta"

 
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lunedì 9 gennaio 2012

"Area C", il coraggio di una scelta

Ci siamo, tra pochi giorni – per l'esatezza a partire dal 16 gennaio – sarà tempo di "Area C", cioè del pedaggio che tutte le auto dovranno pagare per poter accedere al centro della città.

Non c'è mai da stare allegri, quando si tratta di pagare. Soprattutto in tempi di vacche magre come questo. E poi nessuno al momento riesce a capire se la misura che verrà posta in atto servirà davvero a mettere in ginocchio, una volta per tutte, le polveri sottili, quelle odiate particelle che si insediano malignamente nei nostri polmoni ogni volta che respiriamo. E per abbattere, una volta per tutte, il traffico che strangola le vie del centro, diventate oprmai impraticabili per chi voglia percorrerle a piedi o in bicicletta.

Le lamentele non risolvono i problemi

Per questo la gente si lamenta. Lo fanno coloro che ogni giorno entrano in centro per lavoro, chi vive all'interno delle mura, chi ha negozi e attività commerciali a ridosso del Duomo. C'è chi esprime la rabbia di non poter vivere gratuitamente la propria città, quasi che il centro di questa sia un lusso che non tutti si possono permettere; c'è chi si lamenta perché ha appena acquistato una vettura sulla carta non inquinante, ma che con le nuove regole del Comune è divenuta passiva di ticket come tutte le altre; c'è chi lamenta un livello dei trasporti pubblici ancora troppo scarso per poter essere considerato all'altezza del compito che dovrà svolgere con l'avvio della "Area C".

Tutte lamentele legittime, forse, ma che non aiutano a risolvere i problemi dell'inquinamento e del traffico in città. La verità è solo una: nonostante l'applicazione di politiche volte al contenimento parziale del traffico già applicate da alcuni anni – Ecopass è stato attivo dall'inizio del 2008 fino a pochi giorni fa – i risultati ottenuti sono stati del tutto scarsi. La sequenza di giorni al di sopra dei limiti di PM10 accettabili del 2011 lo dimostra. Qualcosa deve essere fatto, se davvero si desidera migliorare la nostra aria. E questo qualcosa potrebbe essere, appunto, "Area C". Sembra assurdo criticare una misura, dicendo che non sarà utile a ragiungere i risultati prefissati, ancora prima della sua applicazione. Ancor più assurdo è che le critiche giungano da ex amministratori che in molti anni di lotta all'inquinamento sono riusciti a ottenere solo risultati marginali.

La mappa redatta dal Comune di Milano con i varchi di accesso al centro città
Un nuovo pagamento, giova ripeterlo, non fa certo piacere a nessuno, e su questo non ci piove. Ma se questa dovesse essere la soluzione ai problemi di smog e traffico che tengono la città per la collottola, tra pochi mesi riusciremo a digerire anche i cinque euro che oggi ci vengono richiesti per varcare le porte del centro storico. Con soddisfazione, facile immaginarlo, del sindaco Pisapia e della sua giunta, che a pochi mesi dall'insediamento si trovano loro malgrado ad affrontare una battaglia epocale, dalla quale potranno uscire solo vincitori o sconfitti. Lasciamo dunque che sia il tempo a dare torto o ragione ai nostri amministratori. E intanto riconosciamo loro il coraggio di avere operato una scelta importante ma di sicuro impopolare, che non porta certo "voti" in cascina, tanto per ridurre il tutto a un mero conteggio elettorale.

I politici devono saper anche prendere decisioni impopolari

Niente di strano, viene da dire, sono stati eletti per questo. Stanno semplicemente portando a termine il loro dovere di amministratori, il che comporta l'applicazione di scelte piacevoli, che raccolgono il consenso della popolazione, ma anche di decisioni spiacevoli, odiose, che la gente difficilmente riesce ad accettare. Ma un buon politico deve sempre sapersi mettere in gioco, rischiando anche l'impopolarità, perché il cavalcare l'onda emotiva della gente spesso non permette di avere la lucidità necessaria a operare le scelte migliori per la collettività. Forse procura qualche voto in più nel breve periodo, questo sì, ma alla lunga difficilmente paga e così a rimetterci, alla fine, sono gli stessi cittadini.

Inutile, a supporto di questo semplice ragionamento, portare esempi: basta aprire i giornali di questi giorni per capire quanto tutto ciò risponda a una sacrosanta verità.

Leggi anche: "Prove, senza isterismi, di Area C"

Tutte le info sull'"Area C" sul sito del Comune di Milano.


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