martedì 18 maggio 2021

Quella sera del 1981 al New Mexico, ad ascoltare un certo Franco Battiato


 
«Questa sera andiamo al New Mexico? C'è un certo Battiato che canta, forse non è male...». 
 
La proposta del Nando arriva nell'intervallo, tra una lezione di latino e una di matematica. 
 
Lui è quello che decide un po' dove si va la sera, è l'unico che ha la macchina. Anzi, a dire il vero è anche l'unico che ha la patente, visto che noi altri quattro siamo tutti diciassettenni. 
 
Battiato? Ah, sì, è quel tipo strano che canta "L'era del cinghiale bianco" e "Up patriots to arms"... «Ma sì, proviamo ad andarci, male che vada usciamo prima...». 
 
Nella Valtellina dei primi Anni 80 non era così facile che un cantante decidesse di farci un concerto. Mi ricordo che una sera a Tirano ne avevano organizzato uno di Gino Paoli al campo sportivo. Ma poi era venuto a piovere e avevano deciso di spostarlo all'interno del cinema dell'oratorio. C'erano andate sì e no venti persone, una vera tristezza. 
 
Il New Mexico di Piateda è una delle discoteche da noi più frequentate, il sabato sera. Non è lontano da casa ed è un locale bello grande, anche la pista è decente, ci si può ballare senza sentirsi schiacciati da ogni parte. 
 
In questa serata di fine autunno del 1981, noi cinque – il Nando, il Chicchi, il Vincenzo, l'Alberto e io – arriviamo alla biglietteria e ci accorgiamo che pochi hanno avuto la nostra stessa idea. Arriveranno all'ultimo momento, pensiamo. Ma quelli non erano anni in cui i concerti iniziavano alle 11 di sera. Alle 21, massimo, si partiva e alle 23, appunto, era già tutto finito. 
 
A lato della pista è allestito un piccolo palco, ci mettiamo sotto. Siamo arrivati per primi, almeno sfruttiamo questa occasione. Quando il cantante Franco Battiato sale sul palco, nella pista, seduti a terra, ci saranno si è no 30-40 persone. Non ci stupisce la cosa, in fondo sono anni di disco-music e di esterofilia musicale esagerata, questo è del tutto normale. Dicono comunque che l'ultimo suo album non sia brutto, è uscito da poche settimane ma non se n'è parlato a dire il vero molto. 
 
La prima canzone in scaletta s'intitola "Uccelli", non male. Nella discoteca si diffonde una certa atmosfera strana, mai vissuta tra queste quattro mura. La seconda ha un titolo particolare "Bandiera bianca" ed è molto orecchiabile, alle terza strofa già mi trovo inconsciamente a canticchiarla. Naturalmente tra me e me, perché non conosco le parole, è la prima volta che la sento, e perché nei concerti non è ancora usanza che il pubblico canti le canzoni insieme al cantante, o addirittura al suo posto. 
 
Gia dalla terza canzone (e chi si ricorda più qual era) siamo tutti molto coinvolti. Nessuno è più seduto, siamo trascinati dalla voce e dal carisma di Battiato, che si muove e balla davvero in modo bizzarro, e dal suono suadente e potente del violinista, un certo Giusto Pino, ci sembra di avere capito che si chiami così...
 
Il concerto sarà durato circa un'ora e mezza, durante le quali a farla da padrone sono state le canzoni che poi avremmo scoperto essere contenute proprio nell'ultimo album appena uscito, quello che fino a quel momento non si era filato nessuno (e non se lo sarebbe filato per altri lunghi mesi). 
 
Durante i bis – mi ricordo una "Cuccuruccucù" e un "Centro di gravità permanente" eseguite per la seconda volta nella serata – i pochi presenti si sono scatenati come non pochi. Questo Battiato non è davvero male, ci diciamo tra noi amici. E allo spegnimento delle luci mi assale una strana sensazione, quella di avere partecipato, insieme a pochi altri, a un evento particolare, forse anche storico. 
 
 
Di lì a poco "La voce del padrone", il nuovo fantomatico disco di Franco Battiato sarebbe diventato il primo album italiano a superare il milione di copie vendute, restando al primo posto della classifica italiana per diciotto settimane tra il maggio e l'ottobre del 1982. 
 
Oggi Franco Battiato, che molti chiamano "Maestro", ha cominciato un altro viaggio, e noi ci sentiamo tutti un po' più soli. L'ho visto tante altre volte, in concerto, è sicuramente l'artista che più ho visto esibirsi dal vivo. E ogni volta è stata un'esperienza coinvolgente, totalizzante, anche mistica. 
 
In mezzo a tutta quell'altra gente accorsa per ascoltarlo, sotto al palco che lo vedeva seduto sui suoi amati tappeti orientali, ho sempre pensato a quella prima volta del New Mexico. 
 
Com'eravamo giovani, com'eravamo diversi, com'eravamo ignari di tutto quello che sarebbe venuto dopo, per lui e per noi.

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