mercoledì 18 gennaio 2012

Roberto Saviano, un milanese

Il sindaco Giuliano Pisapia con Roberto Saviano
Roberto Saviano è diventato cittadino onorario di Milano. Un cittadino illustre in più, per la nostra città, un ragazzo che ha fatto della lotta alle mafie il significato della sua vita. E questo dovrebbe bastare.

Devo dire che non sono d'accordo quando vogliono presentare Saviano come un grande scrittore. Ho letto "Gomorra", per ora solo quello, e devo dire che l'ultima cosa che mi ha colpito è lo stile con cui Saviano scrive. Non è importante come sia scritto, quel libro. Importante è quello che dice. Saviano mi ha aperto un mondo che nemmeno mi immaginavo. Non è un grande scrittore, per me. E' un grande e coraggioso cittadino che ha scelto di parlare.

Credevo che la mafia fosse solo giù al sud

Credevo, o volevo credere, che la mafia fosse radicata solo giù, al sud, e che dalle nostre parti ci fossero solo episodi sporadici, frutti più del caso che di un'organizzazione perfetta. Volevo credere che gli sfarzi di certi locali che aprono a Milano fossero frutto di sforzi compiuti in lunghe vite di sacrifici e lavoro. Volevo pensare che i negozianti, dalle nostre parti, non fossero soggetti all'odioso rito del pagamento del pizzo. Credevo questo, e tante altre cose. E Saviano, con la sua scrittura asciutta e cruda mi ha aperto la mente, mi ha fatto vedere davvero come stanno le cose.

Un eroe del nostro tempo. Così dovrebbe essere visto da tutti coloro che vivono in una società che non vuole essere governata con violenze, prevaricazioni, uccisioni. Saviano ha sacrificato la propria tranquilla esistenza, per denunciare tutto questo. Si è arricchito? Forse, anzi di sicuro. Ma ha anche sacrificato la propria libertà, costretto com'è a vivere senza fissa dimora, sempre protetto da una scorta che lo segue in ogni attimo della sua vita.

Saviano, un eroe che dà fastidio

Un eroe. Sì, un eroe, Che però dà fastidio a molti. Dà fastidio perché dice le cose che altri dovrebbero dire, ma non dicono per paura o per interesse. Dà fastidio perché con il suo comportamento, con le sue parole rischia di rompere quell'equilibrio tra Stato e antistato che troppo spesso fa andare avanti le cose in questa Italia. Dà fastidio a chi ha il potere, perché se la situazione dovesse cambiare a causa delle denunce di Saviano, magari rischierebbe di perderlo.

Tre tweet, oggi, descrivono bene la situazione. Quello di Saviano che dice, semplicemente: «Oggi alle 18,00 a Palazzo Marino divento milanese». Quello di Carlo Masseroli, capogruppo del Pdl in Consiglio comunale che dice: «Cittadinanza onoraria a Milano per Saviano. Non partecipo. Non ha dato alcun contributo significativo alla città». E quello del leghista Davide Boni, presidente del Consiglio regionale – sempre più decimato dagli arresti dei suoi componenti, come l'ultimo in ordine di tempo che riguarda il consigliere Massimo Ponzoni del Pdl che nel 2005, secondo quanto sostenuto dai giudici, avrebbe ricevuto soldi dalla 'ndrangheta per sostenere la sua campagna elettorale (poi sarebbe diventato assessore nella giunta di Roberto Formigoni) – il quale dice: «Oggi Saviano diventa milanese Lega e Pdl disertano la cerimonia».

Questa sì che è coerenza: si vota no, in Parlamento, alla carcerazione di Nicola Cosentino – uno dei fondatori di Forza Italia, accusato dai magistrati di essere in contatto con il clan dei casalesi – e si dice no alla cittadinanza di Saviano. I conti tornano, verrebbe da dire.

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