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In vacanza a Sestri Levante con il mio amico Piz
Nel 1971, quando avevo sette anni compiuti, ho trascorso le mie vacanze estive a Sestri Levante, ospite della famiglia del mio amico Piz. Una bellissima vacanza, per la prima volta lontano dalla mia famiglia. Ero un bambino abbastanza sveglio, mi dicono, ma anche molto timido e poco esperto della vita extra casalinga ed extra famigliare. A parte la scuola – avevo appena frequentato la seconda elementare – avevo avuto davvero poche occasioni di vivere al di fuori delle mie quattro mura domestiche e per questo ero abbastanza ingenuo e poco preparato ad affrontare le asperità della vita.Forte di questa mia genuinità, mi sono trovato un giorno ad assistere a una partita di calcetto giocata da alcuni adolescenti – avranno avuto almeno 15/16 anni – nello spazio all'aperto del bar della spiaggia.
Attorno al calcetto c'erano tre ragazzi e una ragazza. Ancora mi ricordo alcuni particolari. La ragazza era abbastanza carina, per quanto lo poteva apparire a un bambinetto poco smaliziato di sette anni quale ero, e il ragazzo che giocava con lei, pensavo tra me, faceva parecchio il bullo per fare colpo su di lei: «Dai Federica! – diceva ogni volta che la palla capitava tra gli omini "rullati" dalla tipa –, forza Federica... grande Federica!!!». Insomma sottolineava con enfasi ogni mossa della fanciulla, nella speranza di essere ricambiato da generosi e ammiccanti sorrisi.
La partita era avvincente e io, posizionato dietro a una delle porte, tendevo ad affacciarmi sul calcetto per vedere bene dove andava a finire la pallina, tanto che un paio di volte il bulletto mi aveva detto con modo brusco di stare indietro con la testa, che davo fastidio.
Quando un pensiero ti passa per la testa...
Al decimo «Brava Federica, sei fortissima!» del ragazzotto, mi era passato per la testa un improvviso pensiero. Mi era venuta in mente mia madre che, un pomeriggio che eravamo in casa io a giocare con il Lego lei a preparare una crostata con la marmellata, canticchiava una canzone che faceva più o meno così: «Federico, sei dolce come un fico...». (A dire il vero, ma l'ho scoperto dopo, la canzone diceva «Lodovico, sei dolce come un fico». Ma a me, malauguratamente, in quel momento sembrò che il nome fosse Federico. Spesso è proprio dai piccoli errori che nascono i grandi drammi).Così in un momento di silenzio assoluto, mentre uno degli avversari dei due piccioncini era andato a cambiare la banconota da 500 per procurarsi le 50 lire necessarie a giocare una nuova partita, per il desiderio di farmi notare e di risultare simpatico alla belloccia – magari anche alla faccia del bulletto, che non mi stava per niente simpatico – avevo pensato bene di intonare ad alta voce questa significativa strofa dalla rima baciata:
«Federica, sei dolce come una f...».
Quella vaga sensazione di averla combinata grossa
Non vi sto a raccontare la reazione dei due. Vi dirò solo che la ragazzina era diventata in un solo secondo paonazza per la rabbia e quasi le era venuto da piangere. Nel frattempo il bulletto si era frapposto tra me e lei, come per difenderla da un'aggressione, dicendo, ad alta voce e con enfasi: «Ma guarda questi ragazzetti che cosa si permettono! Ma vergognati e sparisci, se non vuoi che ti faccia passare la voglia a suon di sberle...!». Gli occhi pieni di odio della ragazza avevano fatto il resto, me ne ero scappato di corsa e tornato sotto l'ombrellone della famiglia del Piz senza raccontare a nessuno quello che mi era successo.L'avevo combinata grossa, a quanto pare, e non sapevo nemmeno il perché. Già perché, che lo si creda o no, io quella roba lì che fa rima con Federica manco sapevo che cosa fosse, nel 1971. L'avrei scoperto solo qualche anno dopo, potete immaginare come mi si illuminò il cervello quando finalmente capii perché questi se l'erano presa così tanto...
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