«Allora, benvenuti, eccoci qui. Questo è il giorno in cui cambieremo le sorti di questo Paese, il giorno della rivoluzione... Cosa c'è, Paolo?»
«Silvio, ho qualche dubbio sulla natura della nostra azione. Tecnicamente si tratterebbe di golpe, più che di rivoluzione. La rivoluzione la fa il popolo, nasce dal basso, dagli operai, dai contadini, dai braccianti... Il golpe, invece, viene portato avanti di solito in modo violento da uno dei poteri dello Stato e quindi, ripeto, tecnicamente la nostra azione dovrebbe rientrare in questo secondo concetto...»
«Sì, Paolo, va bene, tecnicamente potrebbe anche essere così. Ma ne abbiamo già parlato: ti sembra che un presidente operaio, un presidente giardiniere, un presidente muratore, cuoco, marinaio, ecc. ecc. possa esprimere il suo disappunto verso il Paese con un golpe? Non se ne parla nemmeno, io voglio fare la rivoluzione, capito, voglio fare la rivoluzione! E tu, Fabrizio, che cosa vuoi adesso?»
«Vedi, Silvio, io ci penserei. In fondo la parola rivoluzione appartiene a un ordine di idee che non è il nostro. E' una parola di sinistra, comunista, non vorrei ci giocasse contro...».
«Macché giocare contro. Io, tra le tante cose che ho fatto in questi anni, ho anche portato un nuovo modo di parlare di politica. E questo nuovo modo prevede che non ci siano più parole di destra o di sinistra. Pensa che i giovani neri di Bologna cantano l'Avvelenata di Guccini a squarcia gola, sostituendo solo la parola "comunista" con quella "camerata". Loro sì che hanno capito. Ma, adesso, bando alle ciance, come sappiamo siamo qui per attaccare il Palazzo di Giustizia. E' tutto pronto? I mobili per le barricate li abbiamo?».
«Li porta Robertone con il camion, tra poco. E' andato a prenderli a Monza, negli uffici della Villa, dice che tanto lì non servono a niente. Poi, dice anche che sono mobili terroni, che non vede l'ora di disfarsene».
«Bene, bene, ma Umberto non è qui, come mai?»
«Purtroppo ha mandato un certificato medico, non potrà partecipare agli eventi. E' stato punto da una mosca tropicale e ha continui attacchi di sonno, continua a sbadigliare...».
«Vabbé, siamo comunque in molti. Ignazio ormai starà avanzando verso la città... mettetemi in contatto con lui... Pronto... Ignazio... dove sei...?».
«Sono qui alle porte di Milano, vicino all'Abbazia di Chiaravalle. Abbiamo un po' di problemi ad avanzare con i carrarmati, perché le strade sono un po' strette. Per che ora è fissato l'inizio del golpe?»
«Non è un golpe! E' una rivoluzione! Ma quante volte ve lo devo dire...».
«Ma Silvio, tecnicamente...».
«Non mi interessa niente di quello che è tecnicamente. Tu i carrarmati li lasci lì, non si è mai visto fare una rivoluzione con i carrarmati. Anzi, già che sei in campagna cerca di farti dare dai contadini dei forconi, dei rastrelli, delle falci, che fanno molto popolo in rivolta. Ma fai presto che sennò qui ritardiamo l'azione... Mamma mia, che fatica fare le rivoluzioni... Procediamo con i lavori. Robertino, hai procurato il vestito per Nicole? La voglio in prima fila, sulle barricate, che tiri su il morale a tutti i combattenti...».
«Ho trovato qualcosa, ma non ho capito se è quello che vuoi tu... da suora no, hai detto, vero...? Ne ho trovato uno che le lascia il petto in vista, mi sembra adatto alla situazione...».
«Bravo, bravo. Tu osserverai i movimenti dell'azione dal tuo grattacielo, il secondo più alto d'Italia».
«Ma non è vero, è il più alto. Quelli di Porta Garibaldi sono imbroglioni perché hanno messo un'antenna altissima per essere più alti di noi. Ma che cosa vuol dire? I più alti siamo noi, ecco, loro mica possono fare le riunioni seduti in cima all'antenna... non mi va questa cosa, protesto, protesto e ancora protesto... e anche tu, Silvio, dire che siamo i secondi, quando lo vedono tutti che noi siamo i più alti...».
«Ok, ok, Robertino, scherzavo... siete voi i più alti. Quindi vai sul tuo grattacielo, il più alto d'Italia, e osserva tutto con attenzione. Credo che questo sia il momento del poeta. Ogni grande evento ha un poeta che ne canti i momenti di maggiore significato. Sandro, dove sei? Prendi la lira e facci sentire le tue rime prima della battaglia...».
«Eccomi: (dlon... dlon...) "Essere stupendo, furbizia della volpe, io vado cantando, le gesta del suo golpe... (dlon dlon)».
«Saaaaandro! Anche tu con questa storia del golpe!!! E' una RIVOLUZIONE, ma cribbio, come ve lo devo dire!?! Su andiamo, che la gente per strada ci aspetta, cerchiamo di tenerla a freno fino all'ora fissata per l'attacco...».
«Ehm, Silvio, ci sarebbe un problemino... c'è stata un'iniziativa personale finita male. Si tratta di Daniela...».
«Cosa le è successo? E' stata fermata, arrestata, fatta a pezzi e mangiata dai giudici comunisti?».
«Non esattamente, aveva appena acceso la miccia di una bomba da lanciare verso il palazzo quando il calore del fuoco le ha fatto sciogliere la faccia... una vera disgrazia...».
«Peccato, ma non possiamo fermarci. Andiamo...».
«Ehm, c'è un altro problema. Sai che nei giorni scorsi lo smog qui a Milano era alle stelle. Così Pisapia, quel comunista, ha fissato la domenica senza macchine. E oggi è proprio domenica...».
«E allora Paolo, che cosa ce ne frega se è domenica?».
«Ci interessa sì, perché non è venuto nessuno, dicono che senza macchina non si muovono. Mi sa che questo golp..., pardon, questa rivoluzione dobbiamo rimandarla a un altro giorno...»
(E se non si farà la rivoluzione? Allora si farà la guerra civile!)
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