venerdì 6 maggio 2016

Proposte "intelligenti" (tipo Simona Tagli) per una viabilità migliore



Finalmente, dopo tanto parlare a vanvera, un'idea veramente costruttiva per la nostra città di Milano.

Dopo anni di perdurante prepotenza dei ciclisti, che con la loro bicicletta la fanno da padrone sulle strade cittadine, ecco che una coraggiosa candidata nelle liste del centrodestra – l'ex soubrette televisiva Simona Tagli, che si presenta nella lista di Fratelli d'Italia – ha annunciato il suo ambizioso programma per migliorare la città: eliminare le piste ciclabili, che sono troppe e ostacolano il traffico, ed eliminare le aree pedonali come quella di piazza Castello, che creano imbuti e impediscono la normale circolazione delle automobili in città.

Idee illuminanti, viene da chiedersi perché nessuno ci abbia pensato prima.

A questo proposito avremmo alcuni suggerimenti da dare alla candidata del centrodestra milanese amante delle automobili, semplici ma efficaci idee che potrebbero entrare tranquillamente nei programmi di tutte le liste che sostengono il candidato sindaco del centrodestra Arturo Parisi.


1. Dichiarare illegali le biciclette

Basta con queste "antiquate" due ruote che scorrazzano libere e impertinenti sulle vie cittadine. Bisogna emanare al più presto un bando in cui si ordini di rottamarle tutte entro sei mesi.

I resistenti, i clandestini delle due ruote devono essere arrestati ed esposti al ludibrio dei cittadini onesti, quelli che circolano con le auto e pagano fior di bolli e assicurazioni e parcheggi e hanno diritto di non essere bloccati ogni cento metri da persone fuori dal tempo, che non pagano nessuna tassa e non producono né rumoreinquinamento.

Insomma, che sono inutili e dannose per la collettività.



2. Eliminare i semafori

Non si capisce perché questi strumenti vecchi e obsoleti debbano sopravvivere in città moderne come Milano. Con il loro "rosso" bloccano in continuazione le auto, la circolazione ne risulta rallentata in modo drastico e inaccettabile.

La produzione cittadina viene in continuo frenata. Bisogna correre, correre, correre, produrre, produrre, produrre. Non certo stare con le mani in mano per interi minuti in attesa del verde!

I pedoni che vogliono andare dall'altra parte della strada si arrangino! Escano prima di casa, quando gli automobilisti sono ancora a letto a godere del meritato riposo, visto che sono gli unici che lavorano davvero, in città. Oppure aspettino la sera tardi, quando le auto sono nei parcheggi e nei garage.


3. Eliminare i parchi e costruire grandi parcheggi

Appunto, i parcheggi. A scavare sotto terra anche nelle zone storiche della città per costruire parcheggi ci ha già pensato qualcun altro, per fortuna. Ma non basta!

Le automobili devono essere libere di parcheggiare facilmente, senza dover fare giri e giri in cerca di uno spazio per la loro meritata sosta. Gli automobilisti hanno il diritto di fare in fretta, devono andare a lavorare!

E allora che senso ha tenere tutti questi parchi frequentati solo da fannulloni, drogati ed extracomunitari con il telefonino pagato da noi? Via tutti, alberi abbattuti e bella colata di cemento su cui tracciare le righe bianche, che ci piacciono tanto, dei parcheggi. Perché è così che si fa nelle città moderne e civili.


4. Eliminare i tram e relativi binari

Non se ne può davvero più di vedere questi "carrozzoni" vecchi e usurati che faticosamente si trascinano da una parte all'altra della città rallentando il traffico in modo insopportabile.

Ma siamo ancora fermi all'800? Possiamo disporre di auto veloci e confortevoli, con sedili riscaldati e aria condizionata, vivavoce, lettore mp3, ecc. ecc. e ancora ci costringono a muoverci su mezzi traballanti, scomodi, freddi d'inverno e caldi d'estate, con i finestrini bloccati, che dobbiamo oltretutto anche pagare per usarli?

E intanto le automobili, dietro, costrette ad andare a passo d'uomo, con perdita del PIL cittadino, perché chi è in coda non può produrre e a lavorare non sono certo quei perditempo che amano stare seduti su scomodi sedili in legno o aggrappati ad appendini di cuoio ideati a fine settecento.

Via anche le rotaie, che se freni a 100 all'ora quando piove rischi di finire nel baule di quello davanti, con perdita collettiva di tempo e denaro.


5. Eliminare gli stop

La parola "stop" deve essere bandita dal vocabolario milanese. È una parola che piace a chi non ha voglia di fare, alle zavorre della società.

Gli automobilisti di Milano, invece, vogliono vedere scritto sulla strada e sui cartelli le parole "non fermarti", perché questo è lo spirito che li contraddistingue, vere locomotive d'Italia.




6. Eliminare Area C e limiti di 30 all'ora

Questa ci vergogniamo fin di proporla, tanto è scontata. Queste geniali idee del sindaco Pisapia hanno comportato una perdita generale per la città difficilmente quantificabile. Naturalmente non per il sindaco, che ha fatto guadagnare soldi su soldi al Comune a scapito dei contribuenti.

E in cambio di cosa? Intasamenti, code ai valichi di entrata, rallentamenti inutili, nervosismo diffuso tra gli automobilisti, che invece dovrebbero poter restare calmi, per essere lucidi mentre lavorano, producono.

Qualcuno ha quantificato quanto costa ai contribuenti il nervosismo degli automobilisti?


6. Costruire una bella autostrada in città

In fondo non ci vuole molto: abbattendo qualche palazzo, un po' di inutili monumenti e naturalmente qualche migliaio di alberi ci si potrebbe procurare lo spazio per una bella autostrada cittadina, con cui attraversare il centro e andare da una parte all'altra in meno di cinque minuti.

Sai che gioia, poter dormire mezz'ora di più, entrare dal casello sotto casa e sfrecciare a 140 all'ora davanti al Duomo. Magari anche fermarsi a bere un veloce caffè nell'autogrill di Piazzale Loreto.

E sai che soddisfazione poter dire: «Uehi che figata! Questa mattina ho fatto "casello di Porta Romana - uscita di via Melchiorre Gioia" in 1' e 27'. E se non c'era il solito pirla che si incasina ogni volta con il telepass potevo metterci anche di meno!».


Siamo a disposizione per consulenze

Queste sono solo alcune banali e umili idee, chissà che la nostra candidata del centrodestra non ritenga di farle sue. Noi ci speriamo, siamo a sua disposizione per approfondimenti o consulenze, eventualmente ci contatti.


domenica 3 aprile 2016

Addio a Cesare Maldini. Com'è difficile essere Bandiere del Milan


Cesare Maldini
Cesare Maldini ci ha lasciati. Per noi milanisti è una perdita enorme. Per quelli della mia età, attorno ai 50 anni, il Milan è rappresentato in primo luogo da quattro nomi, quelli dei nostri capitani: Cesare Maldini, Gianni Rivera, Franco Baresi e Paolo Maldini.

Un filo, quello dei capitani rossoneri, che ha collegato senza interruzioni gli Anni '50 al primo decennio del 2000. Maldini padre io l'ho solo letto sui libri di storia calcisitica e ho visto le sue foto con la nostra prima Coppa dei Campioni tra le mani, Rivera rappresenta la mia prima gioventù e l'ho anche visto giocare e segnare, Baresi e Maldini Jr sono i capitani dei 20, 30, 40 anni. Poi più niente.

Un filo che è stato interrotto, bruscamente.

Mio nonno tifava Milan. Mio padre tifava Milan. Io sono tifoso del Milan. Mio figlio dice sì, tifo Milan, forse, ma il calcio non mi interessa. Anche nella mia famiglia, dunque, il filo si è interrotto.

E forse non è un caso. Forse le storie dei due fili coincidono tra loro.

Il Milan faticava anche negli Anni '70, ma almeno c'era Rivera

Perché se quando io avevo poco più di dieci anni, negli Anni '70, il Milan vinceva poco, anzi spesso perdeva, e i campionati erano dominati dalla Juve (proprio quello che succede oggi), almeno avevamo qualcosa che solleticava la nostra voglia di essere rossoneri. Era la nostra bandiera, il golden boy, l'abatino. Insomma, era il capitano, Gianni Rivera.

Mi ricordo l'emozione che provavo quando aprivo la bustina delle figurine e ci trovavo quella di Rivera. Valeva almeno 10 altre figurine, il suo carisma era riconosciuto da tutti, anche dai "nemici", e anche se solo sotto forma cartacea.

Mio nonno Luigi, a Milano, andava dallo stesso parrucchiere del padre di Rivera. Un giorno gli chiese (al parrucchiere) se poteva farsi fare una foto con dedica per me e questi rispose che sì, forse ci riusciva.

Quando mi fu regalata credo sia stato uno dei momenti più belli della mia infanzia!

Vic con la maglia di Ibra
Oggi quale figurina o quale autografo potrebbe solleticare la voglia di tifare Milan di mio figlio?

Quando aveva 9-10 anni, lui girava pieno di orgoglio con la maglia di Ibrahimovic – la maglia era quella della Nazionale svedese, ma a lui piaceva perché quello era un giocatore, e che giocatore, del Milan – e mi ricordo che sul suo comodino teneva due figurine fisse, quelle di Ibra e Thiago Silva.

Quando questi due campioni sono stati ceduti, tre anni fa, è iniziato un veloce percorso che l'ha portato a dire, oggi che ha quasi 12 anni, «no, il calcio non mi interessa».

Nel Milan di oggi le Bandiere danno fastidio

Oggi che Cesare Maldini se n'è andato, noi milanisti siamo un po' più poveri. E il fatto che nel giorno in cui uno dei grandi rossoneri ci ha lasciati il Milan abbia perso la sua partita in malo modo (2 a 1 a Bergamo, con l'Atalanta) ci fa essere ancora più tristi.

Non per il risultato in sé, no. Siamo tristi perché questa società sta perdendo la sua identità. Al di là delle doverose frasi di circostanza, probabilmente a nessuno, nella società Milan di oggi, interessa molto il glorioso passato rossonero. Si parla molto del futuro, spesso con promesse vane, per non dovere ammettere che il presente è un presente disastroso.

Gianni Rivera, Cesare e Paolo Maldini, Franco Baresi
Le bandiere poi, al Milan, hanno sempre dato tutte fastidio, anche quelle più recenti. Gianni Rivera è sempre stato tenuto al di fuori del progetto, Franco Baresi è in società ma ricopre un ruolo secondario, nel settore marketing (!), Paolo Maldini è uscito dal Milan nel giorno in cui ha giocato l'ultima partita per non rientraci mai più (e i veri tifosi rossoneri non dimenticano che frange del tifo – chissà, forse "pilotate" – lo fischiarono in modo indegno nella sua ultima apparizione a San Siro). Tutti coloro che potrebbero offuscare la figura del proprietario del Milan, insomma, sono tenute a debita distanza.


Il Milan è un patrimonio di Milano e dei suoi tifosi

E allora al presidente, in un momento quanto mai delicato per la storia della nostra squadra del cuore, vogliamo ricordare che l'AC Milan c'è dal 1899 ed è uno dei simboli di Milano. Per questo si può essere padroni della società, presidenti, sponsor, magnati e chi più ne ha più ne metta, ma non bisogna mai dimenticare che il Milan è un patrimonio della città e dei suoi tifosi, che va tutelato e valorizzato per come merita.

Essere proprietari di una squadra come il Milan è un onore ma soprattutto comporta molti doveri. Se li si vuole mantenere, come è del resto stato fatto fino a qualche anno fa, bene. Se invece non lo si vuole più fare, bisogna salvaguardare l'integrità della società e passare la mano a chi possa essere degno della sua gestione.

Fare il proprietario, il presidente di una società non è una cosa facile e non sempre te ne vengono riconosciuti, ma anche giustamente, i meriti. Ci si ricorda dei giocatori, degli allenatori, mentre i presidenti passano in genere in secondo piano. Chi conosce il nome del presidente della grande Ajax di Johan Cruiff e del calcio totale? O quello del grande Bayern di Monaco di Franz Beckenbauer e Gerd Müller?

Il voler puntare l'attenzione solo sulla figura del proprietario è una stortura che riguarda solo i tempi nostri e solo il Milan (in parte con l'eccezione della famiglia Moratti per l'Inter, anche se poi alla fine si parla di Inter di Herera e Inter di Mourinho). Pensiamo alla grande Juve degli Anni '70-'80. Qualcuno forse la ricorda come la Juve di Agnelli (che pure era un grande proprietario, che di calcio ne sapeva)? No, quando la si cita si dice "la Juve di Trapattoni", al limite "la Juve di Boniperti", che dei bianconeri era sì il presidente, ma dopo esserne stato per lunghi anni una bandiera sul campo.

Il Gre-No–Li
Per restare "in casa nostra", del resto, si parla dei Milan di Kilpin, di Annovazzi, del Gre-No–Li, di Schiaffino, di Nereo Rocco, di Rivera, di Sacchi, degli olandesi, di Capello, di Ancelotti...

Del Milan di Berlusconi si parla ora, ma tra 40 anni pochi si ricorderanno che questi, tra le tante cose fatte, è stato anche presidente del Milan. Entrerà a far parte della schiera degli ex proprietari e presidenti (ce ne sono stati ben 21, qualcuno si ricorda almeno due o tre dei loro nomi?), e occuperà il suo meritato ma anonimo posto tra quelli che hanno fondato la società, che hanno vinto i primi scudetti, le prime coppe del campioni, le prime intercontinentali...

Chi invece resterà per sempre nel ricordo dei tifosi sarà, tra pochi altri, Cesare Maldini – uomo, giocatore e allenatore – uno dei simboli del Milan e del calcio italiano. Oggi la sua bandiera è purtroppo a mezz'asta, ma da domani tornerà in cima al pennone, nel posto che è riservato alle Bandiere, quelle che niente e nessuno riuscirà mai ad ammainare.

Cesare Maldini solleva la prima Coppa dei Campioni vinta dal Milan (1963)



martedì 29 marzo 2016

Le belle case e i bei palazzi di Milano


Casa Campanini (1906) in via Bellini.
Quante belle case e quanti bei palazzi ci sono a Milano? Difficile dirlo, oltretutto è anche una questione di gusti.


Camminando per la città ne sbucano a decine, che viene voglia di fotografarli. Ed è proprio quello che abbiamo deciso di fare, ogni volta che ne incrociamo uno (a volte anche due).




Buona visione!





I grattacieli (1923) di Piazza Piemonte

L'elegante palazzo di piazza Cardinal Ferrari


Casa Ponti (1957) in via Dezza

Palazzo Veronesi, piazza Duse


Palazzo in via Larga, angolo via Schuster

Palazzo di viale Majno

Palazzo Meroni (1914), piazza Missori


Palazzo Art Déco (Anni 20 del 1900) in piazza Piemonte

Casa Bettoni (1865), corso di Porta Romana

Palazzo di via Crivelli

Palazzina in via Vignola

Castello Cova, via Carducci angolo via san Vittore


Altra palazzina in via Vignola

Casa Rasini (1934, Giò Ponti), Corso Venezia

Palazzo ex Trianon (facciata 1902), piazza del Liberty


Casa Sartorio (1909), il "ferro da stiro" di via Piacenza

Palazzo di via Cosimo del Fante angolo via Vettabbia

Casa-castello di via Bellezza (ang. via Pezzi)


Casa Felisari (1910), via Settembrini ang. via Boscovich



venerdì 26 febbraio 2016

Ricordi sparsi di una Milano passata

La ringhiera (foto Fiammetta)
La storia, il passato, sono fatti di grandi episodi, di avvenimenti di cui si parla sempre e che ormai quasi tutti conoscono.

Ma anche di situazioni vissute dalle singole persone, da semplici ricordi, da piccole questioni di vicinato, da immagini che sono rimaste impresse chissà perché nella mente.

Abbiamo raccolto alcuni racconti della signora Maria, una nostra simpatica e arzilla vicina di casa, e li riportiamo così come sono, senza la pretesa di farne racconti letterari.

Sono semplici flash, a volte personali a volte più di carattere "generale" che, messi uno accanto all'altro, possono forse aiutare a raccontare la nostra città, Milano, da un altro punto di vista, quello di chi ci ha abitato con naturalezza e senza sensazionalismi.

 

L'incidente in corso Lodi

Io ero cassiera di una macelleria e dopo la guerra ci siamo spostati in centro, in via Pontevetro, dove ho lavorato per 25 anni, fino a quando sono andata in pensione. Il papà dell'assicuratore del nostro principale è andato una mattina in banca ed era la Banca di piazza Fontana ed è morto. Il padre del mio principale doveva andare anche lui, dovevano incontrarsi, ma dopo non so che cosa è successo e ha deciso di andarci nel pomeriggio. Se andava la mattina restava dentro anche lui.

Quel momento lì, un mese prima, al 17 di novembre mia mamma era stata portata all'ospedale Policlinico perché aveva avuto un incidente, era stata investita in corso Lodi e ha fatto quattro mesi immobile all'ospedale con rotto femore, bacino, un braccio. Lì c'erano i pullman che passavano per andare a Melegnano e lei e mio padre ne hanno superato uno che era parcheggiato per attraversare la strada: è venuto uno con la macchina da Porta Romana a piena velocità, che poi stava scappando, l'ha fermato uno che quasi viene investito anche lui. I miei genitori hanno preso la multa perché non erano sulle strisce, mi ricordo che mio padre ha pagato subito la sua: 500 lire. Quella di mia madre pensavano fosse stata eliminata perché era stata ferita, invece è arrivata qualche mese dopo a casa: 800 lire, eravamo disperati!

Pensi che quello che li ha investiti ha scritto una lettera a mia madre accusandola di avergli rovinato la macchina e di avergli fatto venire un infarto... Allora io sono andata da una delle tre sorelle che abitavano di fianco a noi, che una di loro aveva il fidanzato che lavorava nelle assicurazioni. Avevamo confidenza con loro, mia madre le svegliava alla mattina picchiando sul muro perché una di loro si doveva svegliare sempre presto, alle 6. Poi loro ripicchiavano per dire che si erano svegliate. Avevano la macchina da cucire e mia madre che cuciva a mano – perché noi la macchina non ce l'avevamo – andava a casa loro a cucire, le avevano dato la chiave perché potesse farlo anche quando non c'erano.

Un giorno racconto alle tre sorelle che cosa era successo e della lettera ricevuta dalla mia mamma. Lì c'era il fidanzato di quella più giovane, l'assicuratore, che disse «Adesso ci penso io!». Ha preso il numero di telefono dell'investitore, gli ha telefonato e gli ha detto di tutto: «Come fa una donna di 60 anni che peserà 40 chili a rovinare una macchina? È lei che andava troppo veloce! È lei che ha rovinato la persona, non il contrario! Se andava piano l'infarto non le veniva!».

Insomma mia madre ha fatto 4 mesi di ospedale. Tra l'altro, guarda la sfortuna: sciopero dei medici, sciopero degli infermieri, sciopero degli anestesisti... insomma, i primi dodici giorni ha dovuto stare lì senza che le facessero niente.

I camion dei soldati

In quegli anni si faceva sempre sciopero. Mi ricordo che quando lavoravo c'erano a volte due giorni di sciopero dei mezzi. Facevo quattro volte la strada, tutto a piedi. Poi c'era un periodo che mettevano i camion dei soldati al posto dei mezzi, ma c'era un traffico... bisognava salire con una scaletta, per fortuna che ero giovane, oggi farei fatica a salire.

Qui dove c'era la nostra casa...

A volte mi vengono in mente le cose che mi raccontava mio padre, quando ero piccola e anche dopo. Qui dove c'è la nostra casa e dove c'è la chiesa, ad esempio, c'era un cimitero, una volta. Io a un certo punto lavoravo nella macelleria lì all'angolo e quando avevano fatto dei lavori avevano trovato un femore. Allora avevano bloccato tutti i lavori per una decina di giorni.
Nella via Giulio Romano c'era uno stabilimento che si chiamava Comi, che prendeva tutta via San Rocco, poi via Agnesi, Giulio Romano, fino a qui. C'era anche un fosso dove passava l'acqua che veniva dalla parte di viale Sabotino. Lì in fondo a via Altaguardia dove c'è adesso un tabaccaio c'era la fermata della circonvallazione e c'era un casetta bassa e sotto passava un fosso. C'era anche la pesa pubblica.

I cavalli vecchi e feriti di San Siro

Mi ricordo che dalla Giulio Romano passavano i cavalli che venivano da San Siro che erano feriti o vecchi che li portavano al macello, passavano da Giulio Romano e le donne raccoglievano i loro escrementi con il secchio per concimare  i fiori.

La fabbrica rossa di via Altaguardia, che oggi hanno abbattuto per costruire un nuovo palazzo, c'è sempre stata. C'erano anche negozi, al piano terra. Più avanti, nella via, c'era il deposito degli spazzini del Comune e c'erano le case popolari. Adesso han costruito un nuovo palazzo ma al piano terra hanno tenuto tutte quelle porticine, che una volta erano le porte che andavano su al primo piano.

La nostra casa ha 110 anni, era tutta di uno stesso proprietario. Le scuole di Giulio Romano sono sempre state così. Io ho fatto le elementari lì in prima (sono nata nel 1935).

La ringhiera

Quando eravamo giovani la ringhiera era molto vissuta. Le donne e le ragazze si appoggiavano alla ringhiera, con le spalle verso il cortile interno e si faceva la maglia, chi cuciva. Noi bambine sotto la finestra giocavamo alle bambole o altro, anche il maschio figlio della camiciaia giocava con noi, tutti assieme. Con il gesso disegnavamo il mondo oppure la casetta, la camera. Con la merenda che ci davano i genitori, ci siedevamo nella "cucina": «Oggi cosa mangiamo?» «Io oggi non c'ho voglia» «Io mangio il cioccolato» e allora si faceva un pezzettino per ciascuno e si giocava per esempio alla bottega, si vendeva e si faceva finta di andare a fare la spesa «Mi dà una michetta?».


giovedì 21 gennaio 2016

Primarie sindaco di Milano,
il piano segreto del centrodestra

Chi sarà il prossimo sindaco di Milano?
Siamo incredibilmente entrati in possesso del piano segreto (anzi segretissimo) del centrodestra per vincere le elezioni del nuovo sindaco di Milano.

È successo in maniera del tutto casuale. Eravamo al bancone del nostro solito bar del centro, stavamo sorseggiando il primo caffè del mattino. Avevamo appoggiato la nostra borsa di lavoro per terra, accanto a noi. Il distinto signore che beveva il cappuccino di fianco a noi ha preso per sbaglio la nostra borsa e ha lasciato la sua.

Ce ne siamo accorti solo in ufficio. L'abbiamo aperta per cercare qualche segno che ci indicasse l'identità del proprietario, quando ci siamo trovati tra le mani un documento che ci ha letteralmente fatto fare un salto sulla sedia. L'intestazione del documento era:

"PIANO SEGRETISSIMO DEL CENTRODESTRA PER VINCERE LE ELEZIONI DI SINDACO DI MILANO"

Potevamo forse non dare una sbirciatina...!?!

 

 

Un piano molto ingegnoso, in 6 punti

Il piano è espresso per punti, cercherò di riportarli fedelmente, per quanto mi ricordo (la borsa con relativo documento è nel frattempo già stata restituita al legittimo proprietario, di cui non farò il nome, per non metterlo nei guai).

PIANO SEGRETISSIMO DEL CENTRODESTRA PER VINCERE
LE ELEZIONI DI SINDACO DI MILANO
Partendo dal presupposto che il candidato ce l'abbiamo già (vedi punto 6), ma che al momento, per ovvi motivi, non possiamo presentarlo, questo è il piano segretissimo per vincere le elezioni che porteranno al nuovo sindaco di Milano:

1. Fingere disinteresse: è ancora troppo presto
È la fase iniziale di attuazione del piano, quella in cui è richiesto di studiare gli avversari del centrosinistra. Fino a ottobre 2015 meglio non fare nomi e aspettare che i rivali si esprimano per primi.

2. Buttare nella mischia qualche nome, per confondere le idee
Seconda fase, da attuarsi a partire da novembre 2015: ai primi nomi del centrosinistra rispondere con alcuni nomi che abbiano il solo fine di depistare gli avversari. Scegliere personaggi possibilmente improponibili, che facciano parlare di sé anche negli eventi mondani – come ad esempio la Prima della Scala – magari facendosi accompagnare da personaggi vestiti in modo eccentrico o addirittura ridicolo.

3 Seguire con attenzione la campagna elettorale degli avversari
Da inizio 2016, presenziare attivamente agli incontri di campagna elettorale degli avversari del centrosinistra, in modo che questi si illudano di destare grande interesse nei cittadini e di riuscire a muovere, quando sarà il momento, un grande numero di elettori. Una presenza numerosa che giustificherà anche quanto riportato nel punto 4 del seguente piano.
4. Partecipare con il proprio voto alle primarie del centrosinistra in programma il 6 e 7 febbraio
Il 6 e 7 febbraio, i sostenitori del centrodestra sono invitati a mischiarsi a quelli del centrosinistra e a partecipare alle loro primarie sotto mentite spoglie. 
Le primarie sui marciapiedi milanesi
Nell'espressione del voto sosterranno ovviamente il candidato meno favorevole alla sinistra. Dei quattro che si presentano non devono essere votati Giuseppe Sala (vedi punto 6 del piano segreto) e Antonio Iannetta, il cui successo nelle primarie potrebbe destare qualche dubbio sulla validità e correttezza delle stesse. Tra i due candidati del PD le preferenze degli infiltrati del centrodestra devono andare su Francesca Balzani che non è milanese (come invece lo è Majorino), è donna e molti non sanno nemmeno che faccia abbia.
5. Fingere sorpresa e disappunto alla candidatura della Balzani alle amministrative
Dopo la vittoria della Balzani, ottenuta anche grazie ai voti degli infiltrati del centrodestra, rispondere all'esito delle primarie del centrosinistra con finta preoccupazione, sottolineando la natura "comunista" della candidatura e, nel frattempo, cominciare a frugare nel passato di donna e amministratrice della stessa Balzani, cercando ogni punto che possa essere presentato a suo sfavore.
6. Ufficializzare la candidatura dell'esponente del centrodestra
Il giorno seguente alla diffusione dell'esito delle primarie del centrosinistra ufficializzare, finalmente, la candidatura dell'esponente del centrodestra. Si tratta ovviamente di Giuseppe Sala, che nel suo primo intervento da candidato del centrodestra, dirà: «Come ho sempre ricordato non sono un politico. Ho deciso di scendere in campo per il bene di questa città, perché credo che Milano meriti il meglio dal punto di vista organizzativo e manageriale. L'esperienza di Expo mi ha fatto conoscere ancor più questa città e credo di essere pronto a dare quanto di meglio sia possibile per i prossimi quattro anni. Ringrazio il centrodestra che mi ha fornito questa nuova possibilità di mettermi in gioco. Niente di strano per il mio passaggio da uno schieramento all'altro, io sarò il sindaco di tutti, indipendentemente dal colore politico di ognuno. Sarò il sindaco di Milano, una città che vola verso il futuro con grande speranza ed entusiasmo!».

Ecco, questo il piano segreto, anzi segretissimo, del centrodestra per vincere le elezioni del nuovo sindaco di Milano.


(ma se fosse davvero così, sareste proprio tanto sorpresi?)
 

venerdì 15 gennaio 2016

Milano è bella d'inverno


Milano è bella. Anche d'inverno, quando il freddo umido ti entra nelle ossa e il grigio del cielo e della nebbia sembrano togliere ogni parvenza di vita a strade e palazzi. 

Ma proprio nel grigio milanese, se si lascia correre l'occhio, si possono trovare nuove sensazioni, nuovi colori, nuove emozioni.

Perché ridiciamocelo ancora una volta, che male non ci fa: Milano è bella. 

Sì è bella, anche d'inverno.


L'imponenza del Duomo sotto il grigio cielo milanese

Il Generale Missori non lo ferma nemmeno la neve

La bellezza senza tempo dell'Abbazia di Chiaravalle

Porta Romana imbiancata, di primo mattino

Rastrelliere artistiche

La Torre Velasca, grigio nel grigio

Navigli, barconi e movida

La vedovella gelata

Al riparo dei portici di piazza Duomo

Dimmi, che fai, silenziosa luna?

La solitudine invernale dei giochi pubblici

Il tram e le sue lampadine

Il corso di Porta Romana in tutto il suo splendore

Quattro passi nel parco

Tramonto milanese con gru, torre e albero

Marcello Calabrese che suona al cospetto del re

In Darsena il Natale è speculare

Un'ospite infreddolita bussa alle finestre di casa

Il Duomo riesce sempre a stupirci. Anche quando nevica


Milano o new York?

Aspettando il ritorno della primavera


Se invece hai malinconia della bella stagione, leggi il post Milano è bella d'estate.


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