Ce l'aveva sempre con tutti, a volte passava intere giornate a sbraitare e a gridare contro il mondo e soprattutto con i condomini del suo palazzo, che "non capivano un c..." e giù a urlare giaculatorie. Ce l'aveva soprattutto con i "laureati", quando era arrabbiata, diceva che da loro si aspettava di più, perché hanno studiato, e invece erano ancora piu "c... oni" degli altri, e giù altri insulti e parole irripetibili.
Qualcuno diceva che era pazza, e forse aveva ragione. Sicuramente era povera, dignitosamente povera. Insieme al suo compagno, lei lo chiamava "il professore", aveva da tempo rinunciato al riscaldamento. L'inverno lo passavano a raccogliere le cassette di legna lasciate sui marciapiedi dopo i mercati, per bruciarle nella loro piccola stufa. Chissà, forse raccoglievano anche resti di cibi avanzati. Il frigorifero, mi aveva detto una volta, in fondo è inutile, d'inverno. E infatti sul loro davanzale, dietro un'imposta che non veniva mai aperta, c'era sempre un panetto di burro e un sacchetto con un po' di verdura. A volte veniva il dubbio che avessero rinunciato anche all'acqua corrente.
A intervalli regolari sul pianerottolo comparivano mobili d'epoca, prima che qualcuno venisse a prenderseli. La loro casa era ormai quasi vuota, l'unica cosa che era rimasta era il pianoforte, che la signora Rosanna a volte suonava anche in piena notte, scatenando le proteste dei vicini.
La signora Rosanna e il "professore"
La signora Rosanna e il "professore" erano due persone affascinanti: dal loro aspetto, dal loro portamento traspariva un passato misterioso, fatto di chissaché. Di lui lei raccontava appartenesse a una famiglia ricchissima, di Genova e che fosse così, magro e un po' assente, dopo avere convissuto per anni e anni con un tremendo esaurimento nervoso. Lei, invece, era stata sposata e aveva una figlia e aveva vissuto alla grande fino a quando aveva incontrato il professore, se n'era innamorata e aveva deciso di ritirarsi a vita povera, per stare al suo fianco.Qualcuno diceva che era matta, e forse lo era per davvero. Alternava momenti di grande rabbia, che sfogava sul povero "professore" e, d'estate, quando le finestre sono aperte, su tutto il palazzo, a momenti di pura euforia e di lucidità. Con lei, in questi momenti, era piacevole chiacchierare, sulla ringhiera, fumando una sigaretta. Aveva un suo modo di vedere le cose forse un po' slegato dalla realtà ma, come spesso accade a queste persone, sapeva guardare anche nel profondo, non si fermava alla superficie.
Se ne è andata, in silenzio
Ora la signora Rosanna se n'è andata, in silenzio, sorprendendo tutti. E il Professore nessuno sa che fine abbia fatto. Qualcuno dice che sia tornato a casa dei suoi fratelli, che sono rimasti ricchi, altri che sia stato ospitato dalla figlia della signora Rosanna. Noi speriamo di poterlo reincontrare, un giorno, con la sua gentilezza e il suo cagnolino spelacchiato, e di sentirci chiedere: «Che cosa ha fatto oggi il Milan?» come sempre faceva.La cosa che non sentiremo mai più, di sicuro, sarà invece la voce della signora Rosanna che, nei suoi momenti migliori amava ascoltare la musica ad alto volume, cantandoci sopra a squarciagola. Non so se avesse un lettore cd, o un mangianastri o un vecchio giradischi. Ma so che da quella finestra, nella stagione calda, usciva tutta la Milano del passato, di quel passato che ormai per lei era solo un ricordo lontano. La Milano della Vanoni, di Jannacci, di Giorgio Gaber, di Nanni Svampa...
Ricordo come fosse ora una sua bellissima interpretazione di "Sono una donna non sono una santa...", con la sua voce perfettamente sovrapposta a quella di Rosanna Fratello. Conosceva tutte le canzoni della "mala" e cantandole, ne sono sicuro, si risentiva viva e spensierata.
Ecco, io la voglio ricordare proprio così, viva e spensierata.
.
Certo che oggi c'è un'umidità tale che forma la condensa sotto gli occhi
RispondiElimina