mercoledì 28 giugno 2017

Vasco Rossi e le sue canzoni, come sono volati questi ultimi 40 anni


Quarant'anni con le canzoni di Vasco, sembra impossibile siano passati così in fretta. Era la fine degli anni '70. C'erano gli scioperi, i rapimenti, le Brigate Rosse.

Ma c'era anche la voglia di crescere, di correre, di conoscere, di gioire e, perché no, anche di soffrire. C'era la gioventù, soprattutto. Quarant'anni con le canzoni di Vasco, quanti ricordi segnati dalle sue parole e dalla sua musica.

Mi ricordo la prima volta come se fosse ieri. Ero in cucina, la radio con la sveglia incorporata – mai usata per quella funzione, se non giusto per provarne l'effetto – era accesa e un'emittente locale stava trasmettendo una canzone che dire sgangherata era dir poco. "Domani sera scrivo a mia madre... ". In parte cantata e in parte recitata, mi incuriosì e alzai il volume "...ma non ci si può rilassare, i russi possono arrivare, ogni ora, ogni ora...". Mia madre era lì vicino e disse fulminea, forse presagendo il "rischio" che stavo correndo: «Che cos'è questa roba? Non sarà mica una canzone...». Ma era troppo tardi, ero ormai stato fulminato da "(Per quello che ho da fare) Faccio il militare", la mia prima canzone di Vasco ("Silvia", "La nostra relazione", "Jenny è pazza", pur precedenti, le avrei scoperte dopo).

Mi ricordo "Albachiara" e "La strega", ma soprattutto "Fegato, fegato spappolato". Mi piaceva ascoltarla a tutto volume, chiuso nella mia stanza, mi sembrava di essere libero, grande, al di sopra di tutto e di tutti.

Mi ricordo i miei amici che storcevano il naso e dicevano che Vasco Rossi non andava bene. Non era un cantautore, non parlava di politica, non era impegnato. Io rispondevo che comunque sapeva raccontare una generazione, la nostra, in quel momento forse anche più dei vari De Gregori, De Andrè, Guccini, Bertoli, Lolli... che pur (quasi tutti) amavo e ascoltavo a ripetizione.

Mi ricordo altri amici che, al contrario, non sopportavano Vasco Rossi perché era un drogato, uno spinellato, uno sballato. Ascoltarlo, per loro, era fastidioso, fin pericoloso. E chi l'acoltava era "sospettabile". A me non interessava la vita che faceva, sapevo semplicemente che le sue parole e la sua musica mi facevano sentire libero.

E mi riconoscevo e mi lasciavo trascinare da tante sue canzoni, anche da quelle che parlavano d'amore (spesso travagliato), sapete come sono gli anni del liceo...: "Canzone" (per me la migliore di tutte quelle "tenere"), "Anima fragile", "Brava", "Incredibile romantica", "Ciao", "Toffee", "Una canzone per te", "Dormi, dormi"...

Molte sue canzoni erano puro divertimento. "Asilo republic" "Va bè (se proprio te lo devo dire)", "Colpa d'Alfredo", "Ieri ho sgozzato mio figlio", "Io non so più cosa fare", "Susanna", "Sono ancora in coma", "Non l'hai mica capito", "Voglio andare al mare", "Deviazioni", "Che ironia", "Ti taglio la gola", "Mi piaci perché", "Lunedì"...

Altre lasciavano un segno profondo, a me l'hanno lasciato: "Siamo solo noi", un vero inno, quella che ho ascoltato di più, e poi ancora "Ogni volta", "La noia", "Valium", "Tropico del Cancro", "Bollicine", "Portatemi Dio", "Dimentichiamoci questa città", "Vita spericolata", "Vado al massimo", "Splendida giornata", "Cosa succede in città"...

Tutte le canzoni che ho citato sono quelle che ho vissuto "in diretta", le ho ascoltate, cantate, appunto vissute. Arrivano fino a "C'è chi dice no", che è dell'87. Dieci anni, un quarto della carriera di Vasco. Basterebbe fermarsi qui per raccontare di uno dei punti fermi della storia della nostra musica leggera.

E invece dopo sono venuti altri pezzi che nella storia ci sono entrati eccome, che ho ascoltato un po' da lontano, alcuni comunque con grande assiduità e trasporto.

Penso a "Vivere" e "Senza parole" che sono tra le mie preferite in assoluto, "Liberi liberi", "Gli angeli", "Sally" (com'era ispirato, qui, il Vasco!), "...Stupendo", "io no...", "Rewind!",  (come non ricordare il video), "Siamo soli", "Stupido Hotel" altra mia preferita, "Un senso"...

Le canzoni degli ultimi album, lo ammetto, le ho un po' perse di vista. Ma non ho comunque paura di annoiarmi: di Vasco ci sono almeno 40, forse 50 canzoni che rappresentano per me qualcosa. Come lui, per quanto mi riguarda, solo De Gregori, Battisti, Dalla, De Andrè, Bennato e Battiato. Tra tutti saranno almeno 300 canzoni (che so in larga parte a memoria) che hanno inciso sensibilmente sulla mia vita e hanno contribuito – può sembrare esagerato ma ne sono convinto – a farmi diventare, nel bene e nel male, quello che sono.

Vasco l'ho incontrato due volte, per strada, in Francia. La prima passeggiava nel centro di una cittadina di mare, da solo, con una retina da pesca appoggiata alla spalla da cui pendeva un sacchetto di plastica con dentro, immagino, il costume bagnato. La seconda vicino al porto della stessa cittadina, sempre solo. Ci siamo incrociati, io spingevo il passeggino con mio figlio. Ci siamo scambiati un ciao, il suo quasi più timido del mio.


Aggiungo, e concludo, che varcati i 50 ho partecipato finalmente al rito estivo musicale milanese degli ultimi decenni: il concertone di San Siro.

Lì ho avuto la percezione di quello che è davvero, oggi, Vasco Rossi: attorno a me persone di tutte le età, dai 16 ai 60 anni, cantavano a squarciagola le sue canzoni.

È uno che è riuscito a diventare un punto di incontro tra i "vecchi" (ma andiamoci piano con le parole...) e i giovani. Dite voi se è poca cosa.

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