venerdì 3 luglio 2015

Ciao Mario, amico barbiere
di via Ripamonti

Mario, il barbiere di via Ripamonti, non c'è più. Nella notte un infarto se l'è portato via, così, all'improvviso.

Mario non era un semplice parrucchiere. Nel suo negozio anni '70  assolveva come si deve al suo compito di "barbiere" anche se non si occupava di barbe, ma solo di capelli. Nel senso che quello spazio ristretto in cui lui tagliava i capelli era un punto di riferimento per molti, nel quartiere. Proprio come lo erano i negozi di barbiere di una volta, quelli affacciati sulle piazze dei paesi di provincia o delle grandi città.

Mario era un personaggio. Era un personaggio. Con la sua folta criniera nera, i baffoni e la parlata che rivelavano la sua origine meridionale, aveva una battuta per tutti, grandi e piccini. I suoi pensieri, a volte ripetuti due o tre volte, erano sempre arguti, precisi.

«Questo Paese ha bisogno di riforme!» mi aveva ripetuto l'ultima volta che sono andato da lui. Ti girava intorno, fissava la testa e poi cominciava a tagliare. Poi si fermava con le forbici in mano e parlava. Riprendeva a tagliare e tornava a fermarsi, per parlare. Di tutto: di politica, di sport, di televisione, di filosofia di vita... Mario sapeva molte cose, le leggeva sui quotidiani (che non mancavano mai, nel suo negozio) e le vedeva tutti i giorni anche grazie al suo lavoro, e amava parlarne fissando il cliente attraverso il grande specchio. E intanto la porta del negozio si apriva in continuazione: gente che passando di lì buttava dentro il naso per fare una battuta o anche semplicemente per salutare.

Aveva deciso di presentarsi alle prossime elezioni di zona, mi aveva detto giusto una settimana fa. «Vorrei fare qualcosa. Anzi qualcosa l'ho già fatta, sono riuscito a far cambiare l'illuminazione di questa via, qua vicino...». Non gliel'ho detto, al momento, ma tornando a casa avevo pensato che, sì, forse avrei anche potuto votarlo.

Sempre l'ultima volta mi aveva raccontato che le maestre della scuola elementare di via Giulio Romano gli avevano chiesto se potevano portare i bambini a vedere il suo negozio, il suo lavoro. Stavano studiando le professioni. Mario aveva accettato di buon grado e il suo piccolo spazio si era riempito di tanti scolaretti curiosi. Lui aveva spiegato che aveva cominciato a lavorare fin da piccolo, andava a bottega, osservava e imparava. A quei tempi, aveva detto, bisognava darsi da fare già a sette/otto anni, per aiutare i genitori. A un certo punto un bambino aveva chiesto: «Ma la tua baby sitter ti accompagnava fino al negozio?». Mario rideva, mentre lo raccontava. Baby sitter... e chi mai sapeva che cos'era?!?

Io l'ho conosciuto in una circostanza particolare, qualche anno fa. Avevo perso documenti, carta di credito, soldi. Mi erano usciti dalla tasca dei pantaloni e neanche me n'ero accorto. Ero in casa e a un certo punto era suonato il citofono. Una voce squillante aveva detto «Sono Mario, il parrucchiere, hanno trovato dei documenti per terra, credo siano suoi...». Ero sceso e questo simpatico signore mi aveva dato documenti, carta di credito e soldi che qualcuno gli aveva portato in negozio, chiedendo se ne conosceva il titolare. Lui non mi conosceva, ma si era preso in carico la faccenda e me li aveva portati a casa. Perché lui era fatto così.



Ora sulla sua saracinesca abbassata qualcuno ha attaccato, tra gli altri, un cartello con scritto "Ciao Mario".

Un saluto semplice, per una persona semplice che ci mancherà. 




"Questo è Mario...": leggi il ricordo di Mario dello scrittore Giuseppe Genna, pubblicato sul suo blog il 5 luglio 2015.



.

Votami

migliori