lunedì 9 giugno 2014

Le mamme milanesi e il loro presunto diritto di non fare la coda

La scuola è finita, per le mamme milanesi inizia la battaglia
Mattinata cruciale per molte mamme milanesi. Finita la scuola, da oggi comincia la lunga e faticosa organizzazione dell'estate, con bambini che devono essere giocoforza sbalestrati tra un corso estivo e l'altro, campi dell'oratorio, corsi di cavallo, laboratori artistici, ritiri sportivi in amene località alpine e appenniniche, ecc. ecc.

Oggi, lunedì 9 giugno è il giorno di inizio di tutto questo. Questa mattina le mamme stracariche di adrenalina hanno vestito i loro piccoli, e con la consueta energia – quella utilizzata per portarli a scuola negli altri nove mesi dell'anno – si sono recate nei luoghi di raccolta delle varie attività, pronte a battagliare come solo loro sanno fare.

Abbiamo avuto la fortuna di seguirle direttamente in una situazione standard, quella dell'inizio di un campus di un oratorio posto all'interno della cerchia delle mura. Lì, in fila per la registrazione, molte mamme cresciute forse anche in famiglie normali, serie professioniste, irreprensibili fustigatrici di costumi (di preferenza altrui), riescono a dare il meglio di sé, si trasformano in esseri prepotenti e maleducati, proprio come fanno alcuni rappresentanti del sesso maschile quando vanno a vedere una partita di calcio.

Per tante mamme milanesi le code per le attività dei loro figli sono una sorta di "stadio", dove tutto è concesso e le buone maniere diventano solo un lontano ricordo.

La fila è solo una fastidiosa formalità

La fila, per alcune mamme milanesi, è poco più di una formalità. Arrivano come furie, con i loro marmocchi, e ti si piazzano davanti come se niente fosse. Tu fai finta di niente, pensi che alla fine si faranno da parte dicendo «c'erano prima loro», ma sei un ingenuo. Il loro primo obiettivo della giornata, anzi della settimana, anzi forse della vita è arrivare prima degli altri, poco importa se questi sono lì da molto tempo prima.

Si può dire che queste mamme ritengano che il passare davanti agli altri – soprattutto se questi altri sono uomini, considerati in qualche modo invasori indesiderati di territori che dovrebbero essere riservati alle sole mamme – sia, in fondo in fondo, un loro diritto. E così non fanno altro che cercare di farlo rispettare, questo diritto.

Spingono, abbozzano fastidiosi taglia fuori con i gomiti, chiacchierano con l'amica avanti di qualche metro e siccome non riescono a sentirla bene si avvicinano a lei, rubando centimetri su centimetri. Oppure fingono di avvicinarsi al tavolo per leggere qualcosa e quando tornano sbagliano a reinserirsi nella coda, piazzandosi, guarda un po' te il destino, qualche metro avanti rispetto a prima.

Come quando sei dal panettiere

E' come quando sei dal panettiere. Ormai sei davanti al bancone, sai che tocca a te e mentre stai ordinando alla tua sinistra compare una massaia improvvisamente frettolosa – altra categoria da "stadio" – che allunga la mano e dice «cinque panini morbidi e un filoncino all'olio». Le fai notare gentilmente che c'eri prima tu (e forse anche svariate altre persone dietro di te) e questa ti guarda con aria sorpresa, come se si accorgesse solo in quel momento che all'interno della panetteria ci sono altri esseri umani che vorrebbero comprare il pane.

Succede proprio così. Davanti a me, per la registrazione di oggi c'era un bambino, da solo. Quando arriva il suo turno di registrazione sbuca una giovane madre arrivata dopo di noi e, con scatto felino, comunica alla signora seduta al di là del tavolo il nome di suo figlio.
«Scusi signora, abbia pazienza, prima c'è questo bambino, poi ci siamo noi, se permette...».
La reazione è il solito sguardo perso, teso a sottintendere una domanda di questo tipo: «ah, vuole dire che le cento persone che partono dal marciapiede, oltrepassano il cancello, salgono la scala, percorrono il corridoio, entrano nella stanza e dopo tre quarti d'ora giungono a questo tavolo, sono in coda...?).

Dalla sua gentile bocca non esce niente. Né un elegante «scusi, ha ragione lei», né un vago, «chiedo scusa, ero sopra pensiero», oppure al limite anche un agguerrito «no, guardi che c'eravamo prima noi!». Niente, solo quello sguardo perso, gelido, tipico del tifoso – irreprensibile padre di famiglia, stimato professionista, forse anche cresciuto in una famiglia normale – che sugli spalti, se ce l'avesse, pianterebbe un coltello nella schiena del tifoso avversario seduto davanti a lui.


E pensare che siamo solo al primo giorno...


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martedì 3 giugno 2014

E chiudiamolo al traffico,
questo centro città!


L'isola pedonale della piazza del Castello Sforzesco di Milano

La strada che conduce a una città più vivibile, come si suol dire a misura d'uomo, sembra essere ancora lunga.

Lo dimostrano le critiche all'isola pedonale voluta dal Comune di Milano per l'area antistante il Castello Sforzesco.

Le critiche che sono piovute su Palazzo Marino, e soprattutto sui più "odiati" dei suoi occupanti, il sindaco Pisapia e l'assessore Maran, non si contano e provengono da avversari politici – e questo non sorprende – ma anche da una buona parte di cittadini normali.

Eppure, tralasciando i politici o i soliti accecati per motivi ideologici (che griderebbero allo scandalo anche se da Milano scomparisse, ad esempio, l'influenza della mafia, bollando questa operazione come "una perdita di opportunità per la città"), può essere utile scoprire quali categorie possano ancora oggi essere contro la decisione di chiudere una parte della città al traffico automobilistico.

Chi, a Milano, è davvero contro le isole pedonali?

Lo sono sempre meno i commercianti, che cominciano a rendersi conto che la chiusura al traffico veicolare non è poi così dannosa per la loro attività.

Non lo sono coloro che devono muoversi in città per lavoro, che sono sempre più attrezzati con biciclette, scooter, al limite se proprio proprio devono andare in macchina, con uno dei servizi di car sharing, le auto condivise che sono sempre più diffuse in città. E alcuni milanesi, udite udite, stanno riscoprendo i mezzi pubblici.

Non lo sono la maggior parte dei giovani e dei giovanissimi, che stanno crescendo in una città sempre meno trafficata, dove nelle strade (e sui marciapiedi e sulle piste ciclabili...) le auto cominciano a perdere, piccolo passo dopo piccolo passo, il loro ruolo dittatoriale.

Non lo sono di certo i turisti, che possono godere della nostra bella città senza dover rischiare la vita a ogni incrocio di strada.

Insomma, chi si lamenta, allora? Le persone di una certa età, abituate a una Milano che va scomparendo, che non riescono più a fare a meno dell'auto, nemmeno per andare da qui a lì. Le persone che godono di privilegi, che nel traffico vedono friggere gli altri, perché loro possono evitarlo. Alcuni giovani che hanno ancora il mito dei motori e che vorrebbero trasformare le vie cittadine in piste da corsa, dove sia possibile mostrare agli altri la propria potenza superiore...

Isola pedonale al Castello Sforzesco: 
qui un mese fa si rischiava la vita

Mangiare lì, dove un mese fa si rischiava la vita

Tutte categorie, queste ultime, che non vedono di buon occhio, per tornare all'argomento di apertura, la chiusura di piazza Castello.

Oggi noi abbiamo mangiato lì, in quello che da molti è stato definito "un inaccettabile suk" (qualcuno ha anche aggiunto che "è molto meglio avere il traffico, a questo punto").

A fianco a me, seduta ai tavolini dei tanti punti di ristoro presenti sulle due "curve" antistanti il Castello, ho visto gente di ogni tipo: impiegati, manager, operai, turisti, scolaresche, segretarie, comitive...

Tutti tranquilli, rilassati, seduti a mangiare in punti della città in cui un mese fa si sarebbe rischiato la vita anche solo a sostare per una frazione di secondo. Tranciati da auto in corsa, desiderose di arrivare il prima possibile dall'altra parte della piazza.

In Piazza Castello da quando c'è l'isola 
pedonale, vengono da tutta Italia
Oggi no, al posto dell'assordante rumore dei motori rombanti c'è la piacevole musica delle bancarelle, sottofondo di un approccio alla città diverso, più a misura d'uomo.

Tutto è perfezionabile, tutto può essere migliorato. Ma come si fa a dire che non è già meglio così?


(e intanto in Francia – come già in Gran Bretagna, Olanda, Danimarca e Belgio – è partito il piano di incentivi per chi si reca al lavoro in bicicletta, che prevede un rimborso di 25 centesimi per ogni chilometro percorso con la due ruote nel percorso casa-lavoro, come ben spiegato in questo articolo pubblicato su bikeitalia.it).


Aggiornamento luglio 2015

 

Nessun pericolo di essere investiti
Eccoci qui, a un anno dalla situazione descritta nel nostro post. La situazione in piazza Castello è davvero cambiata: l'isola pedonale è diventata una realtà ormai definitiva.

Anche davanti al Castello Sforzesco, dunque, le macchine sono state finalmente scacciate e pure qui – come in altri sempre più numerosi luoghi milanesi – oggi è possibile passeggiare serenamente, godendo della frescura procurata dalla grande fontana e dello spazio che si è venuto a creare grazie all'eliminazione della carreggiata.

Lavori in corso
I lavori sono ancora in corso, recitano i cartelli posti ai confini della nuova area pedonale, ma già oggi è facile immaginare il livello di vivibilità finalmente raggiunto da questa parte di Milano, così frequentata e amata da milanesi e turisti.

Un bel biglietto da visita nei confronti dei visitatori provenienti da ogni parte del mondo, che potranno finalmente attraversare senza problemi quella che fino a poche settimane fa era una delle zone più trafficate e pericolose della città per pedoni e ciclisti.

L'isola pedonale di piazza Castello è finalmente realtà
E ora, invece, tanti percorsi pedonali uniti a una nuova fiammante pista ciclabile che circonda tutta l'area.

Un altro tassello della nuova Milano. Una città, ci sembra di poter dire, sempre più bella e vivibile.







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