lunedì 13 maggio 2013

Addio a Luciano Lutring,
simbolo di una Milano che fu


Va bene, non sarà forse il caso di farne l'elogio funebre. Luciano Lutring era e resterà famoso per sempre per le sue rapine compiute negli anni '60 e '70 tra Milano, la Francia e buona parte d'Europa. Non certo un bell'esempio di vita, se vogliamo. Ma Lutring, morto la scorsa notte a 76 anni, è stato anche un uomo che ha saputo cambiare la sua esistenza, diventando uno scrittore e pittore apprezzato, carriera artistica iniziata in carcere e proseguita nella sua nuova vita da uomo libero.

Ma non è questo il punto. Ci sono molte interviste di Lutring, su Youtube, che meritano  di essere viste. Perché da quei filmati, in cui il "Solista del mitra" – come veniva chiamato ai tempi delle sue scorrerie, perché nascondeva il mitra nella custodia di un violino – racconta la sue avventure giovanili, esce una Milano del passato che riesce a mettere addirittura un po' di malinconia. Quella raccontata da Lutring, certo, è la Milano della "Ligera", un mondo che vive al di fuori della legalità, fatto di furti, di rapine, di colpi audaci e spesso violenti, di soldi guadagnati (e subito spesi) in modo facile, troppo facile. Ma da questa persona, considerato ai tempi dalle polizie di Italia e Francia come il "Pericolo pubblico numero 1", capace di seminare il panico per lunghi anni tra banche, gioiellerie, pelliccerie e via dicendo, traspare un fondo di umanità difficile da scovare altrove.

Non uccise né ferì mai nessuno

A quanto si sa, Lutring non uccise né ferì mai nessuno e questo non è un particolare insignificante. Iniziò a rubare quasi per caso, il racconto della sua prima rapina è qualcosa che vale la pena di essere ascoltato. La zia (la zia!) gli aveva chiesto di andare in posta a pagargli una bolletta. Lui ci era andato, con la sua vecchia pistola senza proiettili infilata nei pantaloni. L'aveva comprata di seconda mano qualche mese prima, la portava con sé per fare il bullo con gli amici, nel quartiere. Il cassiere della posta era lento e lui si era lamentato battendo un pugno sul bancone. Nel movimento si era intravista la pistola nella cinta, così che il cassiere, spaventato, gli aveva consegnato in tutta fretta una montagna di soldi senza che lui avesse chiesto niente.

Chissà se andò veramente così. La cosa certa è che da quel momento iniziò una carriera fulminante, da rapinatore gentiluomo, che portò Lutring ad appropriarsi, fino al momento dell'arresto, avvenuto in Francia nel 1965, di una cifra corrispondente ai 30 miliardi di lire di allora (secondo quanto raccontato da lui stesso). Soldi tutti spesi in donne (molte rapine le compì per soddisfare la sua Ivonne), gioco, bella vita fatta di macchine di lusso, grandi alberghi e vacanze nei luoghi più esclusivi.

E' uno che ha pagato per i suoi misfatti

Niente di edificante, siamo d'accordo. Ma siamo di fronte a una persona che ha pagato con il carcere per quello che ha compiuto – non ce ne sono tante, in giro, ad averlo fatto – e che ha saputo in seguito regalarsi una nuova vita, da persona normale. Ora non c'è più e di lui restano i libri, i quadri (pare che le sue tele siano molto apprezzate) e i racconti brillanti delle sue guasconate, che a sentirle descritte da lui - con il suo milanese "romantico" – sembrano quasi scene di un brillante film del genere "guardie e ladri".

Perché diciamocelo: Lutring sarà anche stato uno spietato rapinatore, un fannullone e un perdigiorno votato solo alla ricerca del proprio piacere, ma nulla ci impedisce di dire che era anche una persona gentile, umana e autoironica. Insomma, proprio un simpatico bandito, come ai giorni nostri non ce ne sono più (tanto per voler concludere con una banalità).



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