martedì 15 maggio 2012

L'uccisione di Luigi Calabresi,
una storia di 40 anni fa

Anche noi di Milanau, nel nostro piccolo, abbiamo fatto un sogno. Abbiamo sognato una città finalmente unita, raccolta in rispettoso silenzio davanti alla lapide che ricorda la morte, anzi l'uccisione, di un uomo.

Il 17 maggio 2012 ricorrono 40 anni dall'uccisione di Luigi Calabresi. Questo, vogliamo dire: 40 anni dall'uccisione dell'uomo Luigi Calabresi, non del "commissario" Calabresi. Perché – noi di Milanau l'abbiamo detto fin dal giorno dell'elezione, il 30 maggio 2011, del nuovo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia – ci sembra sia arrivato il momento di chiudere per sempre una delle pagine più odiose e dolorose della nostra città, quella legata alle numerose e tragiche conseguenze dovute al vile attentato di piazza Fontana.

Ricordare la morte di un uomo

Inutile stare a ripercorrere le vicende che fecero seguito all'arresto e alla morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, caduto dalla finestra della questura di Milano. Inutile ricordare il clima di scontro politico e ideologico che attanagliava le menti, anche quelle più fini, di quel periodo. Qui vogliamo solo ricordare la morte di un uomo – così come è stata ricordata quella di tanti altri, scomparsi per atti di violenza in quel momento storico – che oltre a essere un commissario di polizia era anche un marito e un padre di famiglia.

E vogliamo subito venire al punto. In occasione di questa ricorrenza ci piacerebbe che la città di Milano rendesse all'uomo Calabresi e alla sua famiglia tutto ciò che gli è stato, in questi lunghi anni, tolto. Il sogno sarebbe vedere in via Cherubini, teatro del barbaro assassinio, tutti gli esponenti di quel triste e tragico periodo storico, finalmente riuniti per un momento, se non di preghiera, di dimostrazione di rispetto per la morte.

Secondo noi, lo ripetiamo, questo è il momento giusto perché ciò accada e Giuliano Pisapia è la persona che può finalmente chiudere per sempre un'epoca. Lui e l'altra anima della nuova amministrazione – che tendiamo a individuare nella figura dell'assessore alla cultura Stefano Boeri – dovrebbero mostrare a tutta Italia che Milano è davvero cambiata, che è giunto il momento per guardare al passato, al nostro passato, con un occhio nuovo. Hanno la forza morale, per farlo, e anche il coraggio. Ne siamo più che sicuri.

Senza che nessuno cambi idea

Non si tratta di chiedere a nessuno di cambiare idea, ci mancherebbe. Quelle è giusto che ognuno se le tenga per sé, con coerenza. Questo è un discorso differente, che riguarda la civiltà di un'intera città. Per questo sarebbe ancora più fantastico se di fianco ai rappresentanti del Comune ci fossero anche alcune di quelle persone che più di altre furono degne "avversarie" del commissario Calabresi. Pensiamo a Dario Fo, certo, ma anche a tutti coloro che firmarono la famosa lettera pubblicata dall'Espresso, in cui senza mezzi termini si accusava il commissario di avere gettato Pinelli dalla finestra. Leggendone l'elenco, si ritrovano ancora molti dei protagonisti della cultura di oggi (tra gli altri, Paolo Mieli, Umberto Eco, Eugenio Scalfari, Oliviero Toscani, Letizia Gonzales – attuale presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia –, Inge Feltrinelli, Furio Colombo, Carlo Rossella, Roberto D'Agostino, Gae Aulenti, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Cini Boeri – madre di Stefano –, Lino Jannuzzi, Margherita Hack, Toni Negri, i fratelli Taviani...).

Sarebbe una bella lezione di civiltà, lo ripetiamo, la dimostrazione che Milano è davvero cambiata, che non teme più le ombre del passato ma sa guardare al futuro con ottimismo ed entusiasmo, condizioni necessarie per tornare (o cominciare) a essere una città moderna, da portare a modello ovunque, non solo in Italia.

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