venerdì 30 settembre 2011

Consiglio regionale, com'è dura la vita/1


Antonio ha lavorato per un’intera legislatura all’interno del Consiglio Regionale della Lombardia. Non c’è entrato per “meriti” politici, dice, ha avuto un colloquio con un consigliere a quanto pare serio, che non conosceva prima di quel momento e che non gli ha chiesto nemmeno per quale forze politica “tifasse”. Così Antonio ha avuto la fortuna, per quattro anni, di vivere senza dover rendere conto ad alcun padrino (detto in senso lato) o protettore (idem come sopra) i lavori del parlamentino lombardo. Anzi di quello che da quelle parti viene orgogliosamente definito come la “Terza Camera italiana”, partendo dal presupposto che la Lombardia sia la regione che più “conta” in Italia (probabilmente in Sicilia, Emilia Romagna, Piemonte, ecc. pensano la stessa cosa, ma vabbè…).

Antonio ama raccontare ciò che ha visto e vissuto in quegli anni. «Sono stati illuminanti», dice, «mi hanno permesso di capire come e da chi viene gestita la cosa pubblica». Quando Antonio comincia a raccontare è difficile non chiedersi quanto ci sia di vero nelle sue parole e quanto sia invece frutto della sua fantasia. Lui tiene a sottolineare, manco a dirlo, che nei suoi racconti nulla vi è di inventato. E allora sentiamoli, questi racconti.

«Cominciamo dalla composizione del Consiglio. I consiglieri regionali - ognuno di loro guadagna circa 10mila euro al mese – sono 80, un’enormità per quello che sono chiamati a fare. O, perlomeno, sembrano un’enormità, dal momento che l’impressione che si ha quando si entra in contatto con questo organo è che a lavorare, su 80, siano sì e no una decina di persone. E gli altri? Fanno numero, alzano la manina quando serve e nulla più, stando attenti, è l’unico sforzo che devono fare, alle indicazioni che vengono dai vari capigruppo».

«Il loro lavoro dovrebbe essere diviso in tre parti. Quello svolto nell’aula, dove vengono votate le normative che regolano tutte le materie di competenza della Regione; quello in Commissione, dove queste normative, presentate dai singoli assessori, vengono discusse e, se possibile (raramente, poi vedremo perché) migliorate; quello in ufficio, in preparazione alle discussioni da tenere in Commissione e in Consiglio. Questo è il lavoro svolto effettivamente dei consiglieri con la “C” maiuscola, a parer mio, appunto, non più di una decina su ottanta».

«Non ho avuto occasione di testare direttamente l’attività nei singoli uffici», sottolinea onestamente Antonio, «ma visti i risultati ottenuti in Commissione e in aula direi che questa è un'attività per lo più ignorata dalla maggioranza (non in senso strettamente politico, s’intende) dei rappresentanti eletti. Gli unici consiglieri che sanno veramente quello di cui si sta discutendo, nella maggior parte dei casi, sono quelli direttamente interessati dall’argomento trattato. Gli altri – quando ci sono – ascoltano distrattamente, leggono il giornale, mandano sms, parlottano e ridono tra loro e fingono ogni tanto interesse annuendo con la testa. Proprio come succede a scuola, quando i professori spiegano. E devo dire che a volte anche gli interessati, come ad esempio il consigliere relatore, quello che presenta direttamente la proposta di legge, sia in Commissione sia in aula, danno l’impressione di non sapere bene che cosa stiano leggendo. Sicuramente un testo non scritto da loro, spesso. Ho conosciuto, in Consiglio, molte persone che lavorano nel buio, tecnici molto in gamba votati all’anonimato: il loro ruolo è quello di studiare le leggi e preparare i discorsi al posto degli “eletti” (in tutti i sensi). Spesso in Commissione queste persone sono sedute a fianco dei consiglieri e suggeriscono le cose nell’orecchio in tempo reale, soprattutto quando vengono poste domande cui il relatore, per quanto sopra detto, non è in grado di rispondere…».

«Quando parlo di tecnici di questo tipo, intendo quelli che lavorano per i vari gruppi politici presenti in Consiglio. Non dei tecnici che lavorano per il Consiglio inteso come istituzione, che hanno il compito di mettere insieme le normative e di registrare le richieste di modifiche – gli emendamenti – presentati nelle varie fasi di predisposizione. C’è una differenza sostanziale tra le due figure, anche se entrambe, doveroso sottolinearlo, sono pagate dal Consiglio, quindi sono a carico dei contribuenti. Da notare un’altra cosa: le aule in cui si riuniscono le Commissioni sono lunghe e strette e hanno un numero di posti a sedere che corrisponde al numero di consiglieri che sono chiamati a farne parte. Come fanno dunque a trovare posto i tecnici (che forse, ma non ne sono sicuro, lì manco potrebbero starci)? Semplice, perché per lo più i lavori di commissione – fondamentali – vengono ignorati dai vari consiglieri, che arrivano in aula solo quando serve…».

Vuoi leggere la seconda puntata del racconto di Antonio? Clicca qui

.

giovedì 22 settembre 2011

Andiamo avanti tranquillamente...

Una passeggiata in centro, nella pausa pranzo. C'è molto movimento, in piazza Duomo. E' iniziata la settimana della moda, lo si capisce anche dalle stangone che attraversano il sagrato trascinando il loro trolley.

Tutto sembra normale, ma la mia attenzione all'improvviso viene attratta da un assembramento strano davanti all'entrata del Museo del '900. Un sacco di fotografi, si sentono i click anche a distanza. E un sacco di curiosi, che si accalcano per riuscire a vedere. Si sente qualcuno che alza la voce.

La scintilla doveva scoppiare, prima o poi

Ecco, lo sapevo, qualcosa prima o poi doveva succedere. Sarà un bancario che si è incatenato a un cartello stradale – ho pensato – un operatore di Borsa che è andato fuori di matto, un investitore ridotto sul lastrico che grida la sua disperazione.

Oppure sarà un operaio che ha perso il suo posto di lavoro, un giovane che non riesce a trovarlo, un precario che lavora per un tozzo di pane. Sarà un gruppo di femministe che protesta contro l'uso improprio dell'immagine della donna, o alcuni anziani che non sanno come arrivare a fine mese e hanno appena saputo che nessuno gli potrà più assicurare i pochi servizi di cui godevano.

Saranno alcune maestre che sono stufe di portare la carta igienica a scuola perché non ci sono i soldi per comprarla o padri e madri che non sanno più come dare da mangiare ai loro figli.

Sarà qualcosa del genere o di anche peggio, penso tra me preoccupato. Era nell'aria, mi dico, la contestazione doveva scoppiare prima o poi.

Per fortuna va tutto bene...

Mi avvicino, quasi impaurito. Mi metto sulle punte, per guardare al di là del muro umano che mi trovo davanti... e finalmente riesco a vedere...

Niente di tutto quello che avevo pensato, per fortuna. Sono solo le Veline che promuovono l'inizio della nuova stagione del loro programma televisivo. C'è grande entusiasmo, attorno a loro: i fotografi le chiamano freneticamente per rubare un ultimo scatto, i passanti le salutano con trasporto. Alcuni le guardano con desiderio, altre con invidia.

Per fortuna, mi ripeto.

Per fortuna va tutto bene...


Riaccendo il mio iPod e mi allontano, con la musica che mi entra a gran volume nelle orecchie...


"...c'e solo un po' di nebbia che annuncia il sole,
andiamo avanti tranquillamente"

.

martedì 20 settembre 2011

Prova di civiltà!

Per la serie "adotta un animale", Milanau ha deciso di prendersi carico di un piccolo cucciolo che qualcuno ha abbandonato su un marciapiede del corso di Porta Romana.

Oddio, se proprio vogliamo essere precisi proprio piccolo non è, trattandosi di cucciolo di elefante. E non è nemmeno stato abbandonato, a voler essere ancor più pignoli. E' stato messo lì, su quel marciapiede, volutamente.

Il minipachiderma fa in effetti parte di una serie di 80 che per due mesi, da metà settembre a metà novembre, faranno compagnia ai milanesi nei luoghi a loro più cari – da piazza Duomo a piazza Cordusio, dai Giardini Montanelli a piazza Medaglie d'Oro – per essere in un secondo tempo venduti all'asta per un doppio scopo benefico: la salvaguardia degli elefanti asiatici, che sono sempre di meno e a rischio di estinzione, e Telethon. L'iniziativa si chiama "Elephant Parade" e ha avuto luogo già in altre grandi città europee come Amsterdam e Londra.

Il piccolo elefante di corso di Porta Romana

Ma torniamo al nostro piccolo elefante, quello che abbiamo deciso di adottare, anche se solo in via ideale. Perché lui? Perché tra tutti quelli che abbiamo visto finora ci sembra quello più vulnerabile. Già, perché ogni statua è un pezzo unico, interpretato da artisti, sportivi, personaggi della moda e dello spettacolo. E l'artista che ha "creato" il look del nostro amico di Porta Romana – cui è stato dato il nome di "Jumbo italiano" – ha pensato di farne un simpatico tavolo di osteria, con tanto di tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi su cui si stagliano un bel fiasco e un bicchiere pieno di vino.

Proprio il fiasco e il bicchiere rappresentano la parte più vulnerabile dell'opera. Una vera e propria tentazione per teppistelli di ogni genere, una vera e propria prova di civiltà cui viene sottoposta la nostra città: riusciranno i due oggetti a giungere integri fino a metà novembre?

Noi di Milanau controlleremo che tutto vada per il meglio. Se no, che "adozione" sarebbe?


Vuoi sapere come è andata all'elefantino di corso di Porta Romana? Clicca qui.

.

lunedì 12 settembre 2011

Pagare in nero un clandestino?
A volte è una necessità...

Il signor Giovanni è un mio vicino di casa. Simpatico, gentile, discreto. Ogni tanto ci incontriamo sul pianerottolo, scambiare quattro chiacchiere con lui è sempre un piacere. Lui è in pensione, è vedovo, i suoi figli sono sposati, vivono in altre città, ma non lo fanno mai sentire solo.

L'altro giorno parlavamo di Milano, di manovre economiche, di Iva in aumento. Discorsi da ballatoio, certo, ma a un certo punto lui mi ha raccontato una piccola storia che ha vissuto nei giorni scorsi. Mi sembra interessante riportarla.

Quell'inopportuna perdita d'acqua

Tutto ha inizio prima dell'estate, quando il signor Giovanni si accorge che in bagno, sotto il lavabo, c'è una perdita d'acqua. «Ho provato a dare un'occhiata, per capire se era qualcosa che potevo riparare io». Niente da fare: la perdita è in un punto all'apparenza inacessibile, probabilmente bisogna smontare qualcosa. Senza grande entusiasmo (soldi che se ne vanno), il signor Giovanni decide di chiamare un idraulico. C'è proprio una "bottega" lì vicino a casa sua. Ci va, spiega la situazione e fissa un appuntamento.

Dopo un paio di giorni arriva l'idraulico, osserva la situazione, poi dopo pochi minuti dice che deve assentarsi un momento. Lascia lì la borsa degli attrezzi. Torna dopo un'ora (il signor Giovanni dice «per fortuna che non dovevo andare al lavoro»), ridà un'occhiata e poi sentenzia: «Guardi, la cosa è complicata, probabilmente bisogna intervenire rompendo il muro, io non posso fare niente». Sconsolato (ancor più soldi che se ne vanno) il signor Giovanni dice «Vabbé, chiamerò un muratore. Le devo qualcosa, per il suo disturbo?», chiede gentilmente. «Sono quaranta euro per l'uscita», risponde l'aitante idraulico. Quaranta euro? Per non avere fatto niente? Si chiede tra sé l'anziano signore e poi «Mi sembra assurdo, mi faccia almeno la fattura...» abbozza. «Se le faccio la fattura sono 50 euro», risponde freddo l'altro.

«Mi sono sentito umiliato e sono stato male per tre giorni»

«Ora», mi dice il signor Giovanni con gli occhi lucidi, «lo so che avrei dovuto litigare con lui, che avrei dovuto chiedergli conto del suo comportamento, che avrei comunque dovuto esigere la fattura. Ma che cosa vuole che faccia un anziano signore quando si trova in situazioni del genere? Ho pagato i quaranta euro e quando ho chiuso la porta, dietro all'idraulico, mi sono sentito umiliato e sono stato male per tre giorni. Sa, per me quaranta euro, con la pensione che ho, sono davvero un capitale...».

Per tutto il mese di agosto il signor Giovanni ha cercato di tamponare la perdita, non esagerata, con stracci da pavimento. Poi, un giorno, quando ormai era rassegnato a chiamare il muratore, ecco che si trova a chiacchierare con «la signora che fa le pulizie per i signori del primo piano. Lei è peruviana, non credo abbia il visto...» mi dice. «Fattostà che quando le racconto la mia storia del tubo che perde, lei mi risponde: "Ma mio marito fa un po' di lavoretti, se vuole può venire a vedere se può fare qualcosa". Mi sono sentito risollevato», mi ha detto il signor Giovanni con un lampo negli occhi.

«C'erano solo da stringere un paio di guarnizioni...»

Il marito della signora, probabilmente anche lui senza visto, si è presentato lo stesso pomeriggio, con la sua bella borsa degli attrezzi, e dopo venti minuti ha chiamato il signor Giovanni per dirgli: «C'erano da stringere un paio di guarnizioni, erano un po' nascoste ma ce l'ho fatta. Ora è tutto a posto». Il signor Giovanni l'avrebbe baciato. «Che cosa le devo?» ha chiesto con paura «Non so, se vuole facciamo 15 euro...».

«Ora», mi ha detto il signor Giovanni, «lo so che non avrei dovuto pagare in nero una persona probabilmente clandestina... questo non dovrebbe essere fatto. Ma quell'uomo per me è stato come un dono dal cielo. Lo sa quanto avrei speso se fosse arrivato il muratore? Ed era solo un tubo da stringere... Lei, che è giovane, mi dica: che cosa può fare una persona anziana in queste situazioni?».

Già, che cosa può fare una persona anziana? Ma, anche, che cosa può fare un cittadino normale, in queste situazioni (a parte denunciare l'idraulico...)?

.

Votami

migliori