giovedì 24 marzo 2011

Quella volta che io e il Noce siamo entrati nel "fortino della droga"

Vorrei parlare di viale Bligny 42. Non sono certo il primo, a farlo, e non sarò nemmeno l'ultimo. Per chi non lo sapesse, viale Bligny 42 è un grande palazzo "di ringhiera" la cui facciata dà, appunto, sull'unico viale che io conosca che è sprovvisto di alberi (forse una volta c'erano? Bisognerebbe chiederlo a qualche anziano della zona). Si trova giusto a metà strada tra la nuova sede della Bocconi e la leggiadra Porta Romana, in una parte della città dove i metri quadri costano cari e salati.

Eppure, in mezzo a tutto ciò, sorge viale Bligny 42, quello che più volte è stato definito "il fortino della droga", "la cashba", e via dicendo. Mi ricordo un bellissimo servizio dedicato a questa realtà da un giornale free press, forse Metro, almeno una decina di anni fa. Il giornalista era stato bravissimo (spero per lui che questo servizio gli sia servito da trampolino verso una brillante carriera): si era introdotto più volte nel palazzo con la scusa di acquistare del "fumo" e aveva riportato per filo e per segno tutto quello che accadeva in quel cortile e su quei ballatoi. L'organizzazione, lì, era perfetta: al primo piano il fumo, al secondo la coca, al terzo l'eroina. Non ricordo se la suddivisione era precisamente così, ma la sostanza sì, me la ricordo, era proprio questa.

Bligny 42, una sorta di marchio di fabbrica

Da più di 20 anni viale Bligny 42 è una sorta di marchio di fabbrica – qualcuno del cartello della droga o del riciclaggio di oggetti rubati protrebbe perfino pensare di registrarlo – e molti, tutti quelli che ne conoscono l'esistenza, si chiedono come possa essere ancora lì. Nel 2008 tra queste mura c'è stato perfino un omicidio, quello di un ragazzo ucciso con quattro pugnalate all'addome e una al petto, probabilmente per questioni di spaccio.

Ho un'esperienza personale legata a Bligny 42 e la voglio raccontare. Negli anni dell'università, attorno al 1990,  abitavo al civico 40 di viale Bligny e il balcone interno dell'appartamento in cui vivevo da studente era affacciato sulla corte del 42. Io e i miei compagni di studi c'eravamo resi conto degli strani movimenti che lì avevano luogo. Una parte del cortile, in particolare, era riservata ai motorini che aumentavano e diminuivano in continuazione, in modo innaturale, cambiando volta per volta. Poi c'era la parte riservata alle biciclette e in mezzo alla corte un garage che in verità era una specie d'officina, sempre molto attiva...

Quel giorno in cui al Noce rubarono la bicicletta...

Bene, al mio amico Noce un bel giorno rubano la bicicletta. L'aveva attaccata con una catena a una grata proprio di fronte a casa, ma era comunque scomparsa. Nemmeno il tempo di lamentarsi ed ecco che, affacciandosi al solito balcone, la vede nella corte del 42, nello spazio riservato, naturalmente, alle biciclette. Questo è un bel guaio, abbiamo pensato tutti. Ma non il Noce, che si alza in piedi e proclama: «Io vado a riprendermela». Non so come né perché, ma mi alzo a mia volta e dico, quasi senza pensarci: «Vengo con te!».

Scendiamo in strada e ci avviciniamo con cautela al portone. Stranamente non ci sono le solite due "sentinelle" che, facendo finta di essere lì per caso, controllano chi entra e chi esce. Poi la decisione, improvvisa: senza dirci niente entriamo nell'androne, quasi trattenendo il respiro. Non ci guardiamo nemmeno intorno e ci dirigiamo con apparente tranquillità (ma dentro una paura folle, almeno per quanto mi riguarda) verso il muro su cui è appoggiata la bicicletta. Il Noce l'afferra, mentre io non ho nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo e controllare se qualcuno ci sta osservando. Sempre senza dire niente, ma comunque senza correre, ci dirigiamo verso l'uscita e ce ne andiamo con il nostro bottino.

Incredibile: non ci hanno visti, non ci hanno fermati! Ragazzi, io e il Noce siamo gli unici, probabilmente, che sono riusciti a "rubare" qualcosa nel fortino di viale Bligny 42,... minimo minimo ci dovrebbero dare l'Ambrogino d'oro!


P.S.: alla fine dello scorso febbraio i carabinieri hanno effettuato un'improvvisa retata (una delle tante degli ultimi anni, a distanza di qualche mese l'una dall'altra) all'interno del palazzo. Dopo attente perquisizioni di 30 (TRENTA) appartamenti i militari hanno trovato 20 (VENTI) grammi di hashish, 3 (TRE) grammi di cocaina e 5 (CINQUE) bilancini.
Non so come la pensiate voi, ma a me sembra che sia come entrare nel caveau della Banca d'Italia e trovare solo qualche spicciolo...

.

martedì 15 marzo 2011

Nucleare, una proposta
per i nostri amministratori

Parliamo di nucleare, senza uscire dall'ambito – come vuole l'indirizzo di questo blog – del nostro territorio. Sgombriamo subito il campo da possibili fraintendimenti: io nel 1986 ho votato a favore del nucleare in Italia. Ero giovane, pieno di belle speranze, forse anche un po' ingenuo e credevo in coloro che mi dicevano che l'Italia non poteva fare a meno di produrre da sé energia, che non potevamo dipendere dall'estero, che ai nostri confini c'erano molte centrali straniere e non saremmo comunque stati al riparo da problemi derivanti da eventuali fughe di radiazioni.

Ora la penso diversamente, già da molto tempo, e la mia intenzione è quella di dire no alle centrali in Italia. E lo sono ancora più adesso, dopo la catastrofe che ha colpito il Giappone e l'allarme per le esplosioni nelle centrali nucleari che tengono l'intero mondo con il fiato sospeso. Mi dico, e non credo certo di essere l'unico: se questo succede in Giappone, un Paese che economicamente vale come la Germania e l'Italia messe insieme, catratterizzato da un rigore e un'organizzazione dello Stato che dalle nostre parti non riusciamo nemmeno a immaginare, figuriamoci che cosa potrebbe accadere qui da noi. Io, questo il mio personalissimo pensiero, non mi fido dei nostri amministratori, di qualsiasi colore politico essi siano. E pensare che nelle loro mani venga posto a un tal livello il destino mio e dei miei figli non mi lascia per niente tranquillo.

«Le nostre centrali nucleari saranno più sicure!»

Ora si dice, da più parti: le nostre centrali saranno molto più sicure di quelle che operano oggi nel Paese del Sol Levante, anche perché non saranno certo costruite in zone che possano in qualche modo essere soggette a catastrofi naturali. L'ha detto pochi minuti fa anche il nostro ministro dell'Ambiente: «Nessuno prenderà mai decisioni che possano mettere a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini».

Ma, allora, se proprio è così, perché tutti i nostri governanti, e qui arriviamo alla nostra realtà territoriale, si affrettano a sostenere la corsa al nucleare ma, al tempo stesso, a precisare che «il nostro territorio non è disponibile ad accogliere centrali»? Mi sembra che questi due comportamenti contrastino tra loro.

Una proposta ai nostri amministratori

Per questo faccio una proposta ai nostri amministratori: al sindaco di Milano, Letizia Moratti, al presidente della Provincia, Guido Podestà, e al presidente della Regione, Roberto Formigoni. Dal momento che, in coro, sostenete che le centrali che costruiremo in Italia saranno completamente sicure, voglio fidarmi per una volta di voi. E sono disposto a cambiare la mia idea, e cioè a votare "Sì al nucleare" nel referendum, se voi chiederete di vostra spontanea volontà di inserire il territorio di vostra competenza, cioè quello di Milano e della Lombardia, tra quelli in cui dovranno essere ospitate le centrali nucleari. E magari anche se sarete disposti ad accogliere i bidoni con le scorie nei vostri garage, proprio sotto le vostre abitazioni...

Tanto rischi non ce ne saranno per nessuno, giusto?

.

venerdì 11 marzo 2011

La Scala muta,
il "Va' Pensiero" a Roma...


Devo dire che ci sono rimasto molto male. Da milanese, e da italiano. La notizia che il giorno 17 marzo 2011, 150° anniversario dell'Unità d'Italia, il Teatro alla Scala resterà del tutto chiuso e completamente muto, mi ha fatto davvero male.

Se penso ai Risorgimento, quel momento storico studiato con una certa superficialità alle medie e nei primi anni del liceo, ho davanti a me poche immagini, quelle che più o meno colpiscono in genere l'immaginario collettivo: le barricate, i Mille, i volti di Garibaldi, Cavour, Mazzini; qualche nome di località, come Quarto, Marsala, Calatafimi, Custoza, Solferino, Teano... E poi il tricolore sulla guglia più alta del Duomo, proprio a fianco della Madonnina e i volantini con il Tricolore lanciati dai palchi più alti della Scala, con il famoso grido "Viva Verdi" (dove "v.e.r.d.i.", ci hanno insegnato maestri e professori, stava per Vittorio Emanuele Re D'Italia) che echeggia nel tempio mondiale della lirica.
Ecco, per me la Scala è uno dei simboli della forza che portò all'Unità d'Italia e lasciarla lì, muta, credo rappresenti un affronto alla storia della nostra città e del nostro Paese.

Un simbolo del Risorgimento, oggi in crisi economica

Immagino le giustificazioni, le ho già lette qua e là: mancanza di soldi, mancanza di soldi e mancanza di soldi. Già la Scala è in crisi, c'è chi dice  la si voglia tenere in vita, nonostante tutto, almeno fino a Expo 2015 e solo dopo si faranno i conti. Ma un piccolo sforzo da parte di Comune, Provincia, Regione, Stato e forse anche da parte di qualche privato sensibile ed economicamente ben dotato in questo caso poteva, anzi doveva, essere fatto.

E invece no, la Scala il 17 marzo resterà muta. Un'altra occasione persa per dare a Milano un ruolo da protagonista, quale si merita, della storia passata e presente d'Italia.

Un ultimo accenno al "Va' Pensiero", che per l'occasione andrà invece in scena all'Opera di Roma, con la direzione di Riccardo Muti (che tristezza, cara mia Milanucola...). Ho visto l'altra sera in tv due autorevoli esponenti della Lega Nord alzarsi in piedi all'esecuzione del coro del Nabucco. Uno dei due si è messo addirittura la mano sul cuore. Che fantasia questi leghisti, scegliersi uno dei canti simbolo dell'Unità d'Italia come inno del loro desiderio di indipendenza locale.
E' un po' come se Confindustria si scegliesse, come inno, "Bandiera rossa"...




 .

mercoledì 9 marzo 2011

L'unica vera riforma che ci serve

Fantastico. Sabato 26 marzo verrà inaugurata la nuova tratta della MM gialla, quella che unirà la fermata di piazzale Maciachini, che fino a ora era capolinea, a quella della Comasina. Quattro nuove fermate, per una lunghezza totale di 3,7 chilometri. Se ne parla dal 1996. I lavori dovevano iniziare l'anno seguente e concludersi nel 2003. Ma tra intoppi, fallimenti, mancanza di soldi, siamo giunti fino ai nostri giorni. Quasi un miracolo, comunque, se si pensa che non più di quindici giorni fa è stato inaugurato anche il prolungamento della tratta della Linea Verde che conduce ad Assago...

Per Milano sembra veramente un momento di grande fermento, la primavera del 2011 pare essere nata sotto una buona stella. Da tutte le parti fioriscono iniziative, si ha l'impressione che ci sia, da parte degli amministratori, una grande attenzione alle esigenze dei cittadini.

Pattuglie "CharlieDelta" contro i lavavetri

Gli automobilisti si lamentano perché a ogni incrocio trovano i petulanti lavavetri che cercano di imporre il loro servizio e pretendono anche di essere pagati? Niente paura, ecco le "Pattuglie CD" cioè le pattuglie anti-degrado della Polizia locale (dette anche pattuglie "CharlieDelta" da qualche buontempone del Comune che subisce, con molta probabilità il "fascino" del mondo militare americano) le quali, distribuite in tutta la città, piombano come falchi sui colpevoli di cotanto reato appioppando multe che si aggirano attorno ai 500 euro.

I ciclisti si lamentano perché per loro la città è sempre più pericolosa? Eccoli accontentati, con una pista-raccordo che unisce quelle già esistenti del Naviglio della Martesana e di via Padova. Una "mezza pista", d'accordo, visto che divide a metà il marciapiede con i pedoni (creando un certo malcontento negli uni e negli altri), però sempre per le biciclette è.

Una città sempre più perfetta

La gente si lamenta per i cantieri aperti dei parcheggi sotterranei, che hanno reso la città come una froma di gruviera, e adesso qualcuno comincia anche a rendersi conto che non serviranno a un granché (anche perché se si vuole combattere lo smog in città non ha un grosso senso creare tutti questi posti auto in centro, che attraggono mezzi inquinanti fin sotto le guglie del Duomo)? Bene, ecco le dichiarazioni dei rappresentanti in Comune che i nuovi lavori previsti, dove possibile, verranno fermati.

Una città sempre più perfetta, insomma, dove nei musei spesso si entra gratis, gli scandali (vedi Pio Albergo Trivulzio e affini) vengono subito affrontati, i rom vengono sgomberati e, se occorre, arrestati. Un vero miracolo, sembra quasi di stare in una città straniera!

Ma perché proprio adesso succedono queste cose?

Ma poi viene da chiedersi: com'è che proprio adesso succedono tutte queste cose? Non sarà che l'arrivo delle prossime elezioni amministrative, oltre che della primavera, sia la causa di tutto ciò? Non sarebbe certo una novità, via, siamo tutti umani: è chiaro che si cerca di trarre un po' di profitto dalle circostanze, quando ce n'è la possibilità. E' normale e accade prima di ogni interrogazione elettorale.

Perciò non vogliamo scandalizzarci per questo "peccato veniale", tipicamente italiano. Vorremmo però lanciare una proposta a coloro che stanno lavorando per dare a questo nostro Paese le grandi riforme istituzionali che si merita. Eccola qui: lasciamo tutto il resto com'è, ma accorciamo i mandati dei nostri rappresentanti politici, a tutti i livelli. Il sindaco di Milano? Che resti in carica due, anzi, un solo anno.

Forse aumenteranno le spese per le elezioni, questo sì, ma sai quante fermate della metropolitana, piste ciclabili, musei gratis avremmo in più...

.

lunedì 7 marzo 2011

Un eroe del fumetto
si aggira per la città


Con la sua potente auto nera con vetri oscurati si aggira nella notte lungo le strade della periferia nord della città.
Un telecomando, e il cancello si apre silenziosamente, ingoiando la vettura prima di rinchiudersi. «Mi devo ricordare di... accidenti, mi sono scordato che cosa devo fare...».

Un bottone, per aprire le portiere e un altro, per richiuderle. Una scheda elettronica, passata velocemente in una fessura dà accesso alla serratura di sicurezza. Il dito indice appoggiato nell'apposito vano del sensore elettronico e il classico rumore - tlack-to-tlack - della serratura che si sblocca. «So che devo fare una cosa, ma che cosa...?!?».

Pochi passi, prima di arrivare alla botola. Un comando vocale, che alle parole "apriti sesamo", solo se pronunciate dal nostro eroe, aprono un pesante coperchio blindato da cui emerge un montacarichi supermoderno-elettronico-sincronizzato. «Ma cosa devo fare? Se me lo ricordassi...».

Un piano più sotto, il passaggio nella stanza del ring. Via la maschera, via il costume, spazio a braghette e maglietta super tecnologiche, studiate dalla Nasa per non far sudare e non dare allergie. Due pugni al sacco, con in testa quella continua domanda, quel dubbio atroce.

Meglio dedicarsi al tiro a segno. Tuta da esercizio, guanti anti abrasione, scarpe comode e pistola di precisione nello spogliatoio che conduce alla grande stanza del poligono di tiro. Ma la testa che non c'è, rivolta alla grande festa da organizzare per la nottata e a quella domanda insistente, fastidiosa: «Che cosa devo ricordarmi di fare?».

Meglio risalire, controllare se l'acqua della piscina è abbastanza salata. Se i termostati delle saune e del bagno turco sono in regola, se lo champagne è in frigo. Una telefonata a quelli del catering e all'amico impresario: «Mi raccomando, che questa sera non manchi niente...».

Poi, proprio mentre si sta infilando il costume nella cesta delle cose da lavare, l'illuminazione. Finalmente è tornata in mente la cosa da fare, prima di tutte.

L'eroe si siede alla scrivania, apre un cassetto con uno schiocco di dita e prende un foglio di carta bianca su cui comincia a scrivere, con una penna a raggi laser:

"Cara mamma,
ti rammento che domani ci sarà l'approvazione del PGT. Mi raccomando di non dimenticarti di me...".

.

Votami

migliori